In una moderna canna da passata al carbonio, fissa o bolognese, il procedimento di base costruttivo consiste nell'avvolgere intorno un mandrino metallico intessuto in fibra precedentemente impregnato di resina. Questo tessuto viene poi ricoperto con un nastro termoretraibile che esercita la pressione necessaria all'uniforme distribuzione della resina nelle fibre durante la fase di polimerizzazione. Il procedimento avviene in particolari forme dov'era resina liquida incomincia gradualmente a indurirsi fino alla completa cottura. Dopo il raffreddamento, i segmenti tubolari vengono liberati dal mandrino e avviati ai processi di finitura: taglio, rettifica, decorazione, serigrafica, verniciatura. Il tessuto che fornisce durante la lavorazione buone garanzie di omogeneità, in quanto si presenta come un foglio compatto senza pericoli di crepe o fenditure, può essere composto di fibre di diversa natura. Tra tutti i materiali sottoposti a sperimentazione, la fibra di carbonio finora è risultata la soluzione più valida, insostituibile per le sue caratteristiche di leggerezza e robustezza. Sulla base di questo procedimento comune, i diversi costruttori impiegano modi differenti per disporre le fibre. Si creano così sul corpo delle canne grandi disegni diversi che possono essere a nido d'ape, circolari, a fibre parallele o a fibre incrociate.
Autore: pescaonline
Come si acquista una canna
Le offerte del mercato sono davvero numerose e spesso allettanti; quanto ai prezzi, si va da quelli accessibili a quelli decisamente rilevanti, dal momento che sono somme che possono superare i mille euro. In questi casi il negoziante può essere di aiuto: i suoi consigli possono essere preziosi, anche perché è certamente aggiornato sulle ultime novità presenti sul mercato. Attenzione, però, a non dimenticare mai quelle che sono le vere esigenze di chi pesca. Va detto inoltre che non è certo facile riconoscere i pregi e i difetti di una canna senza provarla in azione. Esistono comunque alcuni criteri che sono generalmente validi quando si sceglie una canna.
Quale azione si vuole
Innanzitutto, si deve aver ben chiaro se si cerca una canna che abbia zone morbida, cioè ripartita abbastanza uniformemente, oppure una più rigida, concentrata sulla punta, per un migliore controllo della direzione del lancio e del pesce. Questo vale sia per le canne fisse sia per le bolognesi.
Valutare la robustezza
Per verificare la robustezza, basta stringere con forza la canna con una mano nei vari punti, per controllare che la resistenza del materiale sia omogenea e non presenti cedimenti: se ciò si verifica in qui punti prima o poi si creerà una rottura.
La bilanciatura
Il confronto fra due canne della stessa lunghezza e azione non può limitarsi a una valutazione della differenza di peso, ma dovrebbe spingersi alla verifica della bilanciatura.
Ponendo in equilibrio ogni canna su un appoggio, si può facilmente individuare il baricentro (punto di bilanciamento). La canna meglio bilanciata, e quindi più agevole da utilizzare, sarà quella che avrà il baricentro più prossimo all'impugnatura.
L'andamento rettilineo
Altro accorgimento: distendere sempre completamente la canna per verificarne l'andamento perfettamente rettilineo, qualsiasi curvatura cela problemi che sono causa di un'azione negativa.
L'orizzontalità
Infine, dove aver provato qualche finto lancio, per un ulteriore confronto fra due canne, le si appoggino a terra. Poi tenendole per l'impugnatura, si sollevino le canne e si osservi quale di esse presenta un profilo più vicino a un ipotetico piano orizzontale (in pratica quale di esse si "abbassa di meno" con la sua vetta verso il suolo): sarà questa la canna migliore.
Ministoria dei materiali
All'inizio del secolo le canne erano in bambù, pesantissime, e richiedevano al pescatore un braccio d'acciaio. Poi, negli anni '50 comparvero le canne telescopiche in conolon: materiale sintetico robusto ma ancora pesante con cui si realizzarono canne via via più leggere e resistenti. Seguì la fibra di vetro, spesso abbinata al conolon: le parti della canna a sezione maggiore erano di conolon, quelle più sottili e il cimino in fibra di vetro. Sembrava che non ci potesse essere niente di meglio fino alla comparsa negli anni '80 delle canne in fibra di carbonio che rivoluzionarono il peso e il rapporto tra rigidità ed elasticità. La tecnica di trattamento del carbonio si è quindi ulteriormente evoluta e il carbonio è stato lavorato con intrecci lamellari, a nido d'ape, a strati, e con intrecci incrociati che riducono ulteriormente le sezioni e il peso delle canne, pur mantenendone la robustezza ed elasticità. Attualmente al carbonio si sono affiancati altri materiali come il baron, il kevlar, il titanio, il litio, l'amorphous e la fibra di ceramica. Il carbonio è comunque sempre presente, non è più solo, perché viene mescolato con le suddette fibre. La fusione e l'assemblaggio di questi materiali la cui distribuzione sul corpo della canna viene ormai studiata e progettata esclusivamente al computer, hanno permesso la creazione di canne sempre più sofisticate.
Canne per lo spinning
Le canne per la pesca a cucchiaino e i suoi derivati, detta spinning, possono essere suddivisi in quattro grandi categorie:
- ad azione lenta
- ad azione di punta (media)
- ad azione veloce
- ad azione velocissima
Le canne per lo spinning ad azione lenta sono quelle che si incurvano per tutta la lunghezza - consentono lanci precisi e un ottimo effetto coadiuvante nel recupero del pesce. È semmai nella ferrata che sono per l'appunto "lente" - non trasmettono alla lenza e dunque all'amo quella prontezza di riflessi che può essere necessaria.
L' azione di punta è propria di canne più potenti in quanto più rigide; il controllo nella fase di lancio è ottimo, e la ferrata veloce. Sono canne che coadiuvano meno il pescatore: cioè, non permettono errori.
A maggior ragione, la canna ad azione veloce esige grande esperienza in fase di lancio e la massima attenzione nella fase di recupero - è una canna nella quale si spiega soltanto un terzo circa del cimino e non ha quindi grande sensibilità. Risulta particolarmente utile nella pesca in acqua ferma con esche artificiali galleggianti tipo minnow dov'è indispensabili grande rapidità di ferrata.
Infine, la canna ad azione velocissima ha il cimino che si piega solo per circa un quarto: utili per lanci molto lunghi ma poi non hanno affatto sensibilità. Vengono dunque impiegate soprattutto dagli specialisti in gare di lancio.
Sceglieremo la lunghezza della canna da spinning a seconda dell'ambiente in cui desideriamo pescare: in un torrente angusto opteremo per una cannetta sui 2 m, mentre nell'ampio fiume, nelle lanche, nei laghi andrà bene una lunghezza sui 2,50 metri. E' consigliabile scegliere canne ad innesto, di due o tre segmenti. Per lo spinning ne esistono anche del tipo telescopico, certo più agevoli da trasportare - ma anche meno precise e sicure nell'azione.
Canne per la pesca a fondo
Le prede, quando si esercita questo genere di pesca, sono di solito buona mole e combattive: basti pensare alla carpa o all'anguilla.
Occorreranno allora canne robuste che consentano se necessario lanci lunghi, e che coadiuvino bene il pescatore nelle spesso combattute azioni di recupero.
Quindi, canne con una buona azione di punta, preferendo canne in fibra di vetro o carbonio (seconda delle disponibilità economiche), comunque piene, del tipo a innesti con anelli. La misura andrà da 2,5 a 4 metri. E' consigliabile iniziare con una canna sui 3 metri. Scegliamola con l'impugnatura in sughero e la placca per il mulinello sufficientemente alta da permettere buoni lanci a due mani.
Canne per la passata
Può essere con o senza anelli - la canna senza anelli è quella da impiegare senza mulinello, ed è comunemente detta canna fissa.
Se la canna con anelli e mulinello ci permette di lanciare l'esca assai lontano dal punto in cui ci troviamo, la canna fissa permetterà all'esca di arrivare a una distanza più o meno pari alla lunghezza della canna stessa più quella del filo. Questo genere di canna è di agevole impiego soprattutto nell'azione di recupero della preda. In un passato neanche lontanissimo la canna fissa era un bambù o un lungo bastone alla cui punta si legava il filo. Oggi, la tecnica ci fornisce canne fisse di tutto rispetto, da quelle in fibra di vetro a quelle di carbonio. Le moderne canne fisse sono o telescopiche o ad innesti.
Quelle telescopiche hanno pezzi o segmenti che rientrano uno dentro l'altro fino a costruire un tutt' uno, con un tappo di gomma che chiude il fondo dell'estremità più grossa. L'estremità in alto, la più sottile, è il "cimitero" a cui si lega il filo o lenza.
Le canne a innesti sono composte da segmenti tra loro staccati che si inseriscono l'uno nell'altro mediante ghiere. Molto meno diffuse delle canne telescopiche, si usano soprattutto nelle competizioni dove si ricorre ad azioni particolari.
Le canne fisse per la pesca alla passata variano moltissimo quanto a lunghezza. Sceglieremo la lunghezza della nostra "fissa" in funzione della distanza alla quale siamo chiamati a gettare la lenza ed esca. Se peschiamo in un fiume molto ampio, o al lago, dovremo ricorrere a una fissa più lunga possibile. Una stessa marca di canna offrirà una gamma completa di lunghezze, che variano tra loro in genere di 50 centimetri.
Importante, nella canna fissa, è poi l'azione, cioè il modo che ha di reagire al pesce che ha abboccato. Non dimentichiamo che la canna è composta di diversi segmenti. Quelli che vanno dal più grosso sino al cimino o vetta, e il cimino stesso, possono avere maggiore o minore flessibilità o rigidità. L'azione della canna sarà dunque o rigida o flessibile.
Nell'ambito delle canne fisse troviamo la roubasienne. Corrisponde più o meno a una lunga verga ultrarigida, che non si piega. Le ferrate sono velocissime e sicure, non altrettanto il recupero della preda. Allora si munisce la canna di un elastico tra cimino e lenza, il quale agisce da ammortizzatore e permette anche di ricorrere a fili sottili giù fino allo 0,06. E' una canna per esperti e partecipanti a gare.
La canna con anelli guidafilo, utile sia per la pesca alla passata sia per la pesca a fondo, è detta bolognese, probabilmente a motivo della sua origine. Diversamente dalla canna fissa, la bolognese può essere munita di un mulinello, e questo consente di disporre di notevoli lunghezze di filo sia quando si deve gettare la lenza sia quando si deve giostrare con la preda.
In altre parole, si può fare arrivare anche assai lontano l'amo innescato, lanciandolo oppure - com'è classico nella passata - lasciando che il filo avvolto nella bobina del mulinello si dipani trascinando dal galleggiante e dall'esca che vanno con la corrente.
Inoltre, quando una preda di buona taglia si aggancia al nostro amo, spesso "chiede" filo - dobbiamo giostrare dando filo e recuperando poi ancora dando filo sino a stancare il pesce.
In questi casi è proprio l'azione della bolognese unita a quella di un mulinello dotato di buona frizione che ci permetterà di guadinare la preda.
Le bolognesi sono fabbricate con gli stessi materiali delle canne fisse, delle quali rappresentano una evoluzione... tecnologica. Anch'esse possono essere telescopiche (di nuovo le più diffuse) o a innesti.
Una bolognese classica è lunga 4-4,5 m, ma ogni buon pescatore sportivo capirà, con l'esperienza, quale sia la lunghezza che meglio si adatta a lui e al tipo di pesca in cui desidera impegnarsi. Consigliamo comunque di procurarsi inizialmente una canna delle dimensioni indicate.
La bolognese offre dunque il vantaggio di agire con il mulinello: così, l'azione di ammortizzamento agli strattoni della preda verrà agevolata proprio dalla frizione del mulinello che lasceremo leggermente allentata. Ad abboccata avvenuta, il pesce inizierà la sua lotta e quando eserciterà una forza superiore alla resistenza del filo impiegato, il mulinello farà slittare la frizione permettendo al filo di fuoriuscire dalla bobina evitando la rottura del finale.
Canne
Quando in un ragazzo, o in un adulto, germoglia il desiderio di darsi alla pesca sportiva, la prima domanda è: con che tipo di canna comincio?
La risposta, ovviamente, dipende dal tipo di pesca con cui si vuole cominciare, e all'ambiente al quale vogliamo dedicare le nostre attenzioni. La canna per l'alborella è una cosa, quella per la carpa un'altra. Ci sono poi i criteri per la spesa: le canne possono costare dieci euro ma anche diverse centinaia di euro.
È ovvio che volendo a poco a poco spaziare su diversi generi di pesca e su diversi pesci a cui dedicarsi, bisognerà arrivare ad avere più di una canna: non si può pensare, per esempio, di impiegare la canna che ci siamo procurati per la passata leggera anche in quelle serate che vogliamo dedicare alla pesca all'anguilla o negli afosi pomeriggi in cui andar dietro a tinche e carpe.
Attrezzatura per la pesca a mosca
Di fronte al vasto ventaglio di situazioni ambientali presenti nel nostro paese risulta davvero difficile consigliare un'attrezzatura efficace e polivalente, anche perché si deve tener conto delle diverse necessità di ogni singolo pescatore. Infatti c'è chi è amante della tecnica più classica, dominata da movimenti plastici e armonici, e chi predilige invece quella più moderna ed essenziale.
La canna
Senza addentrarsi in problemi e disquisizioni tecniche di dubbia utilità, è palese che i materiali preferiti per la costruzione delle canne siano oggi il carbonio e i suoi derivati che, al confronto del bambù e della fibra di vetro usati in passato, garantiscono caratteristiche tecniche e dinamiche di indubbia superiorità, leggerezza e rapidità. In conseguenza di tali importanti prerogative, le canne in carbonio possiedono un limitatissimo "carico inerziale", consentendo l'applicazione di un lancio moderno che fonda le sue caratteristiche basilari nell'alta velocità di esecuzione. La lunghezza, così come il peso lanciabile, dovrà essere scelta in base ai luoghi che si è soliti frequentare e delle tecniche più congeniali, ma per gli amanti della mosca secca l'esperienza induce a consigliare attrezzi compresi tra i 7'6" e gli 8'6" concepiti per code oscillanti tra il numero 4 e il 6. La canna di 7'6" troverà il suo massimo impiego nei luoghi più stretti e infrascati, la 8'6" in quelli più ampi e liberi da ostacoli. Acquisita una buona domestichezza di lancio, in effetti, la canna di 8' si rivelerà il compromesso più versatile, permettendo il proprio impiego nella pressoché totalità delle situazioni riscontrabili.
La coda
In stretto concorso alla scelta della canna, anche l'acquisto della coda deve essere valutato attentamente. Prescindendo dalla marca, la coda dovrà essere comunque di buona qualità; in commercio esiste una serie infinita di tipi e modelli, capace di disorientare chiunque. La prima operazione da compiere sarà controllare quale coda viene consigliata per la canna che si vuole usare. Per far ciò basterà leggere le indicazioni riportate sulla tamponatura dell'attrezzo, generalmente a fianco della marca. Qui si troveranno le indicazioni della lunghezza della canna e della coda per la quale l'attrezzo è stato tarato. Facciamo l'esempio dell'indicazione seguente: 8'6" 5-6. La sigla indica una canna di 8 piedi e mezzo, adatta all'uso di una coda del numero 5 o 6 (in genere tale valore si riferisce all'uso di code decentrate, un particolare disegno costruttivo di largo impiego nei paesi anglosassoni). A volte l'indicazione del numero della coda potrà essere preceduto dalla sigla AFTMA. Come,accennato, le code vengono prodotte secondo vari profili, doppio fuso, decentrate, shooting taper, bug taper, e con diverse caratteristiche: galleggianti, affondanti, affondanti di punta. In linea di massima, la scelta della coda dovrà essere orientata tra un minimo di 4 e un massimo di 6. Molto probabilmente i negozianti tendono a consigliare la coda di più largo consumo: una DT 5 F (doppio fuso, numero 5, floating, cioè galleggiante). Tale acquisto è quello più corretto, anche se si posseggono canne di produzione anglosassone o americana che consigliano l'impiego di code 6 o 7. La differente, e più evoluta, tecnica di lancio impiegata nel nostro paese renderà quelle canne idonee all'uso di code di numero inferiore anche di 2-3 unità e ciò per le maggiori sollecitazioni inerziali cui verranno sottoposte con lanci più lunghi e veloci. Le canne di produzione italiana, invece, prendono già in considerazione tale aspetto tecnico e si riveleranno adeguate all'impiego della coda indicata sulla tamponatura.
Il mulinello
Oggetto di infiniti dibattiti nelle altre tecniche di pesca, nelle quali rappresenta lo strumento forse più importante, il mulinello nella mosca non pone particolari problemi. Sono necessarie poche caratteristiche, molto semplici. Non dovendo assolvere al recupero del pesce, operazione che si compie semplicemente con la mano sinistra, né tanto meno dovendo intervenire in fase di volteggio della coda, il mulinello dovrà essere preferito per la leggerezza, la robustezza e per il grado di finiture, con particolare riferimento ai dettagli in grado di conservare nel modo migliore la coda. A tale scopo, prima dell'acquisto il mulinello dovrà essere esaminato attentamente affinché non presenti angoli vivi, sbavature del metallo o tolleranze troppo elevate nell'accostamento delle varie parti che lo compongono e che formano interspazi in cui potrebbe incastrarsi la coda di topo.
Il finale
Unito alla parte terminale della coda, il finale è un tratto di nylon di diametro decrescente, ideale prosecuzione del profilo della coda di topo, alla cui estremità più sottile viene legato l'artificiale. Può essere realizzato in più sezioni di filo variamente dimensionate (finale a nodi) o in unico trafilato (finale conico): la scelta potrebbe essere fonte di una lunga trattazione, dato che il tipo di finale può influire sostanzialmente sulla riuscita di un buon lancio e, più in generale, su tutta la battuta di pesca. La sua lunghezza, che può variare da un minimo di 2 a oltre 5 m, è direttamente influenzata dall'ampiezza degli ambienti, dalla diffidenza del pesce e dall'abilità del pescatore. Il finale a nodi trova impiego per la migliore capacità di distensione (soprattutto sulle corte distanze) e di forare il vento. Viene utilizzato prevalentemente in torrente dove il contrasto delle correnti e la velocità dell'acqua rende il pesce meno selettivo e maggiormente aggressivo. Quello conico, al contrario, serve laddove sia necessario un finale più morbido e silenzioso, meno violento nella posa in acqua, quando questa è piatta e il pesce assai diffidente e restio ad alimentarsi in superficie. Ogni finale, soprattutto nel tratto terminale, deve essere dimensionato in relazione alla mole della mosca da lanciare. Nel caso delle mosche da caccia, le più voluminose e montate su ami del n. 8 o del n. 10, si può giungere a uno 0,18-0,20; impiegando piccole imitazioni in "cul de canard" (amo dal n. 20 sino al n. 26) si può invece scendere anche sotto lo 0,10.
Attrezzatura per la pesca all’inglese
È bene che siano chiare le regole da seguire, ed è tempo di sfatare il mito del pescatore istintivo, del "pescatore nato", tanto caro alla letteratura italiana e altrettanto lontano dalla mentalità inglese, perché conduce a pensare che il successo nella pesca sportiva sia un dono soprannaturale, un destino riservato a pochi. Vediamo allora come arrivare ad avere un'attrezzatura bilanciata seguendo un approccio non istintivo, ma razionale. È importante sottolineare come ogni battuta di pesca richieda una specifica bilanciatura; ciò non significa automaticamente che un pescatore debba possedere decine di canne e mulinelli per adattarsi ad altrettante situazioni, perché nelle nostre acque possono essere individuate non più di tre circostanze tipo che richiedono una differente attrezzatura. Il fattore chiave in ogni caso è la distanza di lancio. Perché? Dopo aver scelto il corso d'acqua in cui recarsi a pescare, è necessario porsi la domanda: "a che distanza da riva stazionano o si cibano i pesci che desidero catturare?". La risposta condizionerà la scelta del galleggiante e, di conseguenza, il diametro della lenza e il tipo di canna da montare. Addirittura è possibile, entro certi limiti e ricorrendo alla pastura, spostare un banco di pesci e pescare così alla distanza desiderata. Le 3 fasce determinate dalla linea dei 20 e 40 m da riva sono ovviamente indicative, ma sono fondate su anni di esperienza di pesca in tutta Italia e su alcune ragioni di natura tecnica. I 20 m rappresentano il limite oltre il quale non è possibile lanciare esche sfuse (bigattini, casters, mais, canapa). 1 40 m sono un confine al di là del quale è molto raro dover pescare. t ovvio che ciò è riferito alla pesca per diletto, mentre nelle competizioni è frequente la necessità di lanciare a 60 m e più da riva. Naturalmente esisteranno eccezioni a questa casistica-tipo, ma esaminare tutte le situazioni particolari richiederebbe uno spazio smisurato. Probabilmente molti si chiederanno perché non è la taglia dei pesci presenti a condizionare la scelta e la bilanciatura degli attrezzi primari. E' dimostrato che, con un monofilo dello 0,10 in buone condizioni, pescando all'inglese si possono catturare pesci di 3-4 kg di peso; considerando la rarità di tali incontri si può tranquillamente affermare che, nella grande maggioranza dei casi, la lenza che si usa è sovradimensionata rispetto alle reali condizioni di carico, prodotte dalle reazioni di un pesce. Per contro, è molto facile sperimentare la rottura della lenza durante il lancio, fase in cui la sollecitazione cui è sottoposta dipende in larga misura dal peso del galleggiante: ecco allora che il diametro del monofilo deve essere scelto in relazione a quest'ultimo fattore. Per rafforzare questo concetto è sufficiente un esempio: è più probabile che una lenza dello 0,14 si spezzi lanciando un galleggiante da 16g che non combattendo con una carpa di 6 kg.
Anche l'azione della canna deve essere adattata alla distanza di pesca; crescendo quest'ultima si rende necessaria una crescente potenza della canna. Due sono i motivi di questa relazione: il primo più facilmente intuibile, consiste nella necessità di lanciare galleggianti dal peso via via maggiore; il secondo diventa di facile comprensione solo dopo aver accumulato un poco di esperienza sul campo: la potenza della canna è direttamente proporzionale alla distanza di pesca, in quanto è la principale responsabile di una ferrata efficace e di un positivo controllo della reazione del pesce. Nella fascia fino a 20 m da riva non è necessaria una grande forza per conficcare l'amo nella bocca del pesce, ma occorre una canna che ammortizzi l'eventuale eccesso di rapidità nella ferrata e assecondi la prima esplosiva reazione del pesce. Ecco allora che si dovrà optare per una canna ad azione morbida o parabolica. Pescando a grande distanza, invece, la reazione del pesce sarà assorbita dall'elasticità della lenza, mentre sarà indispensabile una canna ad azione rigida o di punta, dotata della sufficiente potenza per vincere l'attrito dell'acqua sul filo, azzerare l'eventuale piccola "pancia" dello stesso e provocare la penetrazione dell'amo nella bocca del pesce. Per assimilare questo principio cardine della bilanciatura è consigliabile sperimentarlo direttamente in acqua. Tutto quanto si è detto finora sulla distanza vale senz'altro anche per la profondità, nel senso che a grande profondità (oltre 6 m) si pesca con galleggianti più pesanti, fili di maggior diametro e canne più potenti rispetto a quando si pesca in superficie.
Al mulinello è stato volutamente riservato l'ultimo posto perché esso è il più versatile fra i componenti dell'attrezzatura. Con un buon mulinello a bobina conica e capacità di almeno 100 m di monofilo dello 0,16, si può pescare a qualsiasi distanza da riva. Le caratteristiche generali di questo attrezzo non mutano con il variare della distanza di pesca; è sufficiente dotarsi di almeno 3 bobine, da caricare con monofili di diametro 0,12, 0,14 e 0,16 per essere pronti ad affrontare tutte le possibili circostanze. L'unica eccezione è costituita dal rapporto di recupero, che nella pesca a breve distanza può essere basso (da 4,5:1 a 5,1:1), non essendovi bisogno di ridurre i tempi morti dovuti al recupero della lenza senza il pesce all'altro capo e sfruttando il vantaggio che deriva dalla minore torsione indotta nella lenza. I mulinelli a elevato rapporto di recupero (6,3:1) sono ideali per la pesca a grande distanza, ma loro velocità di rotazione genera spesso torsioni nella lenza, costringendo il pescatore a inserire una girella nel punto di giunzione fra la lenza madre e il terminale.
Attrezzatura per il laghetto
Lo striscio "leggero", che impiega zavorre il cui peso va da 1 a 7 grammi, sì pratica con canne dalla spiccata azione parabolica che permettono lanci a distanze limitate.
Determinare il "tipo" di striscio è il peso delle zavorre impiegate. Ovviamente, una zavorra di grammatura superiore scenderà a fondo più rapidamente di una più leggera: ma non è questo l'unico elemento che sta alla base di un piombo anziché di un altro: le discriminanti sono infatti diverse. Per esempio, si sceglieranno piombi dai 4 ai 7 g se si deve lanciare relativamente distante, se, in gara, si vuole entrare in pesca più rapidamente degli avversari o se si deve pescare recuperando velocemente a mezz'acqua. Al contrario, se si vuole tentare la cattura di qualche pesce che si muove lentamente sotto il pelo dell'acqua, se si vuole che la "tremarella" pervenga all'esca in modo efficace o, se si ha a che fare con pesci poco vivaci, la scelta dovrà ricadere sulle microgrammature da 1 a 3 g. Ovviamente anche la lunghezza del bracciolo finale ha la sua importanza e cambierà di conseguenza. Sarà corto (dai 30 ai 60 cm) in presenza di trote voraci oppure nelle strisciate in aderenza al fondo, mentre sarà lungo (dai 70 cm ai 2 m) nei casi in cui ci si troverà al cospetto di trote pigre a reggere la tocca, come se ne incontrano in autunno. Sarà solo l'esperienza a far capire di volta in volta quale grammatura scegliere e a quale lunghezza di bracciolo abbinarla.
Le canne per lo striscio leggero
Le canne da pesca per praticare lo striscio leggero avranno lunghezze comprese tra i 3,50 e i 4 m, anche se la misura ideale, quella che consente una buona manovrabilità, si è ormai standardizzata sui 3,80 m. Poiché nello striscio si pesca al tocco, cioè la mangiata della trota è resa visibile dai fremiti del cimino che, a loro volta, giungono alla sensibilità della mano che impugna la canna, se ne deduce che la trota sentirà ancor prima del pescatore la resistenza opposta dalla durezza dell'attrezzo. Ecco quindi che la principale prerogativa di una canna da striscio, o almeno del suo cimino, deve essere la massima sensibilità. Ma questa non è l'unica caratteristica. L'agonismo insegna, infatti, che durante lo svolgimento di una manifestazione si incontrano tre momenti diversi tra loro: i primi minuti di gara (in cui si deve essere velocissimi nell'estrarre la cattura), le successive pescate e, infine, il momento più difficile, quello in cui le abboccate si rarefanno e i pesci rimasti in acqua sono diventati più sospettosi. Per ciascuna di queste fasi occorre un modello di canna ad azione più o meno parabolica (quelle che in gergo sono chiamate "morbidone") che ci consenta di operare al meglio. Per la prima fase serve un attrezzo che non faccia perdere tempo nel tira e molla del sottosponda e che obbedisco prontamente alle forzature; serve dunque una canna quasi rigida ad azione sensibile di punta. Per la seconda fase c'è bisogno di una canna ad azione media in cui appaia manifesto il lavoro dei pezzi centrali, che devono assecondare la flessuosità della punta. Infine, per eseguire la pesca di "ricerca" che caratterizza la terza fase, è indispensabile una "morbidona" ad azione superparabolica la cui accentuata flessibilità permetta di imbobinare fili sottilissimi (per esempio dello 0, 12) che facilitino il lancio di pesi veramente ridotti e accompagni meglio le violente strattonate della preda allamata. Questa canna è talmente sensibile e flessuosa che le tocche della trota sono inavvertibili dalla mano del pescatore. Questa morbidezza è una dote importante perché anche la trota, dall'altro capo della lenza, non avvertirà alcuna tensione, se non quella, minima, simile alle resistenza opposta da una qualsiasi piccola preda appena addentata.
Gli anelli
L'anellatura di una canna da pesca forma una specie di tunnel al cui interno il filo deve scorrere con la massima fluidità. Un certo attrito prodotto dal contatto tra filo e anello è però inevitabile, soprattutto quando la canna è piegata sotto lo sforzo di una preda allamata; di conseguenza e molto importante scegliere un tipo di anello che offra garanzie antierosive e sia refrattario al calore. Il migliore è sicuramente l'anello in SiC (Silicon Carbide) che, purtroppo, costa moltissimo. Tuttavia, il mercato offre eccellenti alternative al SiC, con la sola eccezione dell'apicale. Questo anello, posto in cima alla canna, costituisce l'ingresso del tunnel, ed è il passante che deve sopportare maggiormente l'effetto del filo che, passandovi all'interno, è perennemente costretto a un lavoro in "curva". La scelta di un apicale in SiC è dunque d'obbligo per tutte le canne. Per le corte canne paraboliche servono anelli molto piccoli, leggeri, a gambo singolo e a ponte alto, quali sono quelli di solito impiegati per la pesca all'inglese. Il "ponte alto" è una proprietà necessaria che aiuta ad attenuare il fastidioso aderire del filo alla struttura dei pezzi nelle giornate di pioggia. Se nella pesca a lunga distanza questo non è un problema perché il peso stesso delle bombarda tiene il filo teso e distaccato dalla canna, nello striscio leggero il ponte alto diventa un requisito fondamentale se si vuol riuscire a lanciare i pesi leggeri da 2 a 3g.
I mulinelli
Nello striscio il mulinello svolge un ruolo estremamente importante. Dal suo corretto funzionamento dipendono, infatti, tutte le azioni di pesca, dai lanci della lenza al recupero della preda. Per poter affrontare questa notevole mole di lavoro, il mulinello deve possedere dei meccanismi di ottimo livello. Le canne per lo striscio leggero si distinguono per maneggevolezza e per sensibilità, il mulinello da accoppiare loro dovrà possedere le stesse caratteristiche. Dovrà essere uno di quelli concepiti per agevolare il lancio di microzavorre, avere dimensioni piccole o medie e bobina con diametro massimo di 45 mm. Il mercato offre due tipi diversi di mulinello che differiscono nella concezione meccanica della sede raccoglifilo: quelli a bobina rotante e quelli a bobina fissa. Nei modelli a bobina rotante il filo viene caricato direttamente dalla confezione di vendita: basta chiedere aiuto a qualcuno che regga la confezione, tenendola per una matita infilata nel foro. Al contrario, nei mulinelli da lancio coperti o scoperti, la bobina fissa è messa in posizione frontale e angolata di 90° gradi rispetto alla canna. Quindi per passare dalla confezione di vendita alla bobina il filo è costretto a subire una contorsione. I pescatori inesperti ricorrono al sistema della matita anche in questo caso, con risultati pessimi. Bisogna agire proprio in maniera opposta, ossia il rocchetto originale del filo deve essere tenuto fermo così che il monofilo non perde le sue spire che verranno raccolte dalla bobina del mulinello. La maggior parte dei mulinelli sono dotati di una o più bobine intercambiabili e caratterizzate da una sede raccoglifilo molto profonda. La bobina deve essere riempita fino all'orlo ed è quindi antieconomico caricarla di 200-300 m di filo tutto di ottima qualità dal momento che se ne utilizzeranno solo i primi 70-80 m. L'ideale sarebbe acquistare mulinelli con bobine che abbiano il fondo rialzato, tali da contenere soltanto quei 100 m di monofilo dello 0,20. Ma si può procedere anche in altro modo: con una modica spesa si acquista del monofilo molto sottile (0,12 o 0,14) col quale si prepara una base che si lascerà fissa in fondo alla sede portarlo. Si usa filo sottile perché è quello che garantisce una superficie il più possibile compatta e uniforme.
La placca portamulinello - Le "morbidone" sono corte e maneggevoli: sono attrezzi che non richiedono il lancio forzato a due mani e, pertanto, la placca portamulinello può essere collocata bassa. D'altro canto la "tremarella" richiede che il calcio della canna debba far corpo unico con l'avambraccio e già questo non lascia alternative. Quindi, la distanza che deve intercorrere tra il tallone della canna e il piede del mulinello deve essere all'incirca pari alla lunghezza dell'avambraccio di chi pesca.
Il monofilo
Se per il monofilo da imbobinare la scelta va fatta in base alle preferenze e alla fiducia riposta in una data marca, per il tipo da impiegare nei braccioli finali il discorso è diverso. I trotisti hanno due esigenze: l'innesco, che deve ruotare vorticosamente sul proprio asse, e l'estrazione al volo della preda. Alla perfetta, rotazione dell'esca concorrono diversi fattori: le fattezze dell'amo, il corretto posizionamento dell'esca e l'uso della girella tripla. Ma anche il diametro del monofilo è importante: un piccolo innesco di due camoline girerà più vorticosamente se verrà legato a un filo sottile dello 0,10. La sottigliezza non oppone resistenza all'elica dell'innesco e inoltre lo carica di autotorsioni che poi vengono scaricate nella girella tripla. Di conseguenza, nello striscio, la finezza del diametro del bracciolo finale non è consigliato per la minore visibilità, ma perché facilita la roteazione dell'esca. Bisogna però raggiungere un equo accordo con il "carico di rottura" che l'esperienza ha inquadrato nel diametro 0,16. Oggi il mercato offre dei monofili ottimi sotto tutti gli aspetti che, però, costano molto. Ma è un sacrificio che deve essere affrontato.