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La gamma di "attrezzi del mestiere" dei carp-anglers è oggetto di un continuo processo di ampliamento e miglioramento.

Vediamo quali sono quegli attrezzi e accessori davvero indispensabili.

La tradizionale canna da carpfishing ha una lunghezza compresa tra i 3,30 e i 3,60 m. Tali valori costituiscono un compromesso ottimale tra la maneggevolezza e la potenza necessaria per vincere la resistenza delle prede più grosse. Solo raramente, e limitatamente ai grandi fiumi, vengono impiegate canne lunghe poco più di 4 m. Dal punto di vista tecnico le canne migliori sono ovviamente quelle in due pezzi anche se va sottolineata una certa scomodità nel loro trasporto. Di contro, questi attrezzi così poco maneggevoli sono quelli che offrono le prestazioni più elevate. Lo sviluppo tecnologico ha reso possibile la produzione di eccellenti canne in tre pezzi che, mantenendo un'azione qualitativamente ottima, si rivelano molto più facili da trasportare. Da qualche tempo sono state anche proposte canne di tipo telescopico con prestazioni valide e dal prezzo non elevato. La potenza delle canne per carp-fishing varia a seconda della distanza che esse devono raggiungere. Un parametro molto utile per definirne la potenza è il cosiddetto "test di curvatura" (indicato con l'abbreviazione T.C.) con il quale si determina quale peso sia necessario per far flettere di 90' il vettino dell'attrezzo rispetto al manico. I valori ottenuti sono espressi in libbre (1 libbra corrisponde a circa 450 g). Si ha quindi la seguente suddivisione di massima: T.C. da 1,5 a 2 lbs indica canne per corta distanza; T.C. da 2 a 2,5 lbs indica canne di uso universale; T.C. da 2,5 a 3 lbs indica canne per lunghe distanze e grandi fiumi. Un altro aspetto di una certa importanza (anch'esso collegato al test di curvatura) è rappresentato dall'anellatura, che è mediamente composta da 8-11 anelli per le canne fino al T.C. 2,5, mentre si scende a 6-8 anelli di grosso diametro per le canne studiate per i lanci più lunghi. In quest'ultimo caso, infatti, il minor numero di anelli riduce l'attrito del filo e il relativo decremento nella distanza.

I Mulinelli

Il mulinello da carp-fishing è l'erede, rivisto secondo le moderne tecnologie, di quei grossi mulinelli che molti usavano per pescare le carpe fino a qualche anno fa, ossia sino al diffondersi della nuova scuola anglosassone. Le caratteristiche da ricercare in questo fidato e indispensabile compagno di pesca sono essenzialmente due: grande capacità di contenimento del filo e ottima potenza nel recupero. D'altra parte, l'obiettivo dichiarato di tutti i carp-anglers sono le carpe di taglia, per cui affrontare la battuta di pesca con mulinelli di piccola misura è assolutamente poco indicato. La capacità minima di contenimento del filo potrà essere di circa 200 m quando si tratti di Monofilo con diametro dello 0,28, il più sottile tra quelli che è possibile impiegare. Poco importa se la frizione è posta sulla bobina o sul retro del mulinello; ciò che invece conta è che questo dispositivo sia pratico e funzionale e non si blocchi, facendo rischiare la perdita della cattura. I mulinelli specifici per il carp-fishing posseggono, di norma, una soluzione tecnica che permette il libero scorrimento della bobina semplicemente sbloccando un meccanismo detto bait-runner. In tal modo sarà possibile ottenere una grande sensibilità alle abboccate e la capacità di bloccare la bobina in posizione di recupero con un semplice giro di manovella. Mulinelli come il DAM FS 350, il Daiwa BR 2650 e lo Shimano 6001/4500 sono alcuni esempi di mulinelli dotati di bait-runner. Esiste ovviamente una grande gamma di mulinelli di tipo tradizionale che possono essere tranquillamente impiegati nel carp-fishing pur senza possedere questo sistema di sblocco della bobina. In effetti, il bait-runner (nome inglese che indica qualcosa che fa "fuggire" l'esca) permette la fuga del pesce senza opporre eccessiva resistenza: lo scorrimento del monofilo all'interno dell'avvisatore acustico segnalerà quindi l'abboccata.

I Monofili

Il mulinello per il carp-fishing dovrà sempre essere caricato con un monofilo di diametro variabile tra lo 0, 28 e lo 0,35. Le variazioni sono in funzione della presenza o meno di ostacoli sommersi. Allo stesso tempo anche le distanze cui si vuole lanciare determineranno la scelta del diametro giusto, poiché un monofilo più sottile permetterà di guadagnare qualche metro in più rispetto a uno più spesso.

Il dacron - In passato, tutti i terminali e i finali erano realizzati in nylon anche se questo materiale, per quanto di buona qualità, difettava sempre in morbidezza. Il dacron, materiale appositamente studiato per il carp-fishing, ha risolto brillantemente questo problema, poiché è dotato di numerose caratteristiche come l'elevata morbidezza, la perfetta tenuta al nodo, l'assenza di "memoria" e l'ottimo mimetismo con il fondale. Il dacron viene misurato in libbre e i valori classici tra cui scegliere vanno da 8 a 15 lbs per l'uso normale, mentre si preferirà un più robusto 20 lbs laddove sia richiesto un lavoro "pesante" come, per esempio, in zone con molti ostacoli presenti sul fondo. La scelta del dacron è ovviamente soggettiva e tra le proposte del mercato vale la pena di ricordare il Drennan, disponibile in vari colori e diametri. Sono poi in commercio particolari tipi di dacron, detti "Multistrand", composti da tanti sottilissimi filamenti che a contatto con l'acqua si aprono, diventando praticamente invisibili al pesce.

Lo shock-leader - Nella borsa del perfetto carp-angler dovrà trovare spazio, anche una piccola bobina di nylon di grosso diametro, per esempio lo 0,45, pronto per essere impiegato come "parastrappi" nel caso si decidesse di impiegare piombi più pesanti. Un monofilo dello 0,28 non è infatti in grado di sopportare senza il rischio di rotture il lancio a tutta forza di un piombo di 50/60 g ed è quindi necessario adottare la ben nota soluzione dello shock-leader comune a molte altre tecniche di pesca. Si tratta di uno spezzone di filo di grosso diametro che si annoda da una parte alla lenza che fuoriesce dal mulinello e dall'altra al terminale. La lunghezza dello shock-leader sarà sufficiente a riempire almeno quattro giri di bobina del mulinello. Tutta la forza che si imprimerà sul piombo si scaricherà sul parastrappi, facilitando il lancio. Il Daiwa Tournament Tapered è uno shock-leader dalla sezione conica che va dallo 0,33 fino allo 0,50.

I piombi e gli ami

Il carp-fishing è essenzialmente una tecnica di pesca a fondo per cui necessita di piombi, anche di buon peso, per poter ancorare la lenza. Oltre a questo scopo importante, il piombo, nel caso del particolare tipo di innesco detto hair tig, è fondamentale nella prima ferrata del pesce. E il peso scelto dovrà essere il più alto concesso dalle caratteristiche della canna. Non ci si stupisca, allora, se si parla di piombi di almeno 40/50 g anche quando si pesca nell'immediato sottoriva. Se poi si preferisce lanciare lontano, la scelta cadrà su piombi a volte superiori ai 100 g di peso. Le forme dei piombi sono diverse, le tradizionali sono dette "bomb" poiché ricordano l'ogiva di una bomba. I vecchi piombi sferici sono comunque ancora validissimi, mentre per i lanci a lunga distanza è utile impiegare un piombo dotato di tubetto antigroviglio rigido, detto cruise. L'amo è ' come al solito, una parte essenziale ai fini della riuscita di una battuta di pesca. Per poter catturare prede di grossa taglia il requisito indispensabile di un amo è la grande robustezza. Anche la scelta di ami a occhiello pare inevitabile. Esistono inoltre alcune forme appositamente studiate per favorire la ferrata della carpa. La scelta è abbastanza ampia: tutte le più grandi case hanno nel proprio catalogo ami adatti al carp-fishing. Tra i modelli di provata validità vi sono quelli giapponesi della Gamakatsu.

Il picchetto portacanne

Il picchetto portacanne (o rod pod) è uno dei simboli del carp-angler moderno e solo chi vuole rimanere ancorato a tutti i costi alle tradizioni nega con forza i grandi vantaggi che questo accessorio regala. La possibilità di disporre di canne poggiate parallelamente alla superficie dell'acqua è un vantaggio innegabile. Il rod pod è composto da una struttura su cui poggiano tutti gli accessori di complemento. In essa sono infatti inseriti due paletti telescopici, detti bank stick, sui quali sono avvitati i bracci (buzzer-bars). Su quest'ultimi vengono inseriti anteriormente gli avvisatori acustici e, posteriormente, dei supporti a U su cui poggia il manico della canna. A metà strada, subito dopo il mulinello, vi è un terzo braccio parallelo al terreno sul quale sono inseriti gli avvisatori visivi o monkey climbers.

Gli avvisatori

Il suono degli avvisatori acustici è certamente il più amato dai carpisti di tutta L'Europa visto che segnala l'avvenuta abboccata di una preda. L'avvisatore acustico è un dispositivo elettrico che, attraverso una piccola rotella, è libero di ruotare quando il filo è posto in tensione. L'abboccata del pesce verrà segnalata da un suono spesso regolabile in volume, tono e sensibilità. Il grande vantaggio del disporre di avvisatori in una tecnica prevalentemente di attesa come è la pesca a fondo sta nella possibilità di dedicarsi ad altre attività (preparazione dei terminali, della pasturazione, osservazione del luogo di pesca) nei tempi morti. Tra gli avvisatori più completi vi sono i Fox Micro e i Daiwa Sensitron, entrambi dotati di triple regolazioni e di led luminosi che attirano l'attenzione del pescatore durante le battute notturne. Per coloro che vogliono la massima comodità anche durante le giornate piovose e preferiscono rimanere sotto l'ombrello, la Daiwa propone una scatola detta Sounder Box che si collega agli avvisatori sonori e può essere portata fino a una certa distanza.

Altri accessori

Iniziamo da uno degli accessori più trascurati, ma più utili: il guadino. Compagno fedele di pesca, il guadino è indispensabile quando la grossa preda sta cercando di riguadagnare la libertà. Il guadino da carpe è grande, spazioso e dotato di una rete a maglia larga che impedisce che la pinna dorsale del pesce vi resti impigliata. La larghezza della sua bocca va da un minimo di 70 a un massimo di 120 cm, ideale per i siluri.

Tubi anti-tangle - La parola anti-tangle significa "antigroviglio". Si tratta di tubetti in PVC rigido o morbido usati per realizzare i diversi terminali. Completando il terminale con un tubetto in PVC di diametro compreso tra 0,5 e 1,5 mm gran parte dei problemi del lancio verranno risolti, poiché si avrà la certezza che l'attesa non verrà rovinata da un groviglio.
I tubetti anti-tangle sono disponibili in due versioni: morbida e rigida. La preferenza è per il primo tipo, certamente più versatile e dall'uso universale. I tubetti rigidi trovano un impiego perfetto soprattutto nei lanci più lunghi. Esiste poi una serie di piombi già dotati di tubi anti-tangle, chiamati cruise. Si tratta di accessori studiati per le lunghe distanze che a un piombo molto penetrante affiancano la comodità di un tubetto anti-tangle rigido.

Aghi da innesco - Si tratta di un uncinetto che permette il rapido innesco delle boilies. Esistono molti tipi di ago, tutti molto validi; alcuni rendono possibile l'innesco con una sola mano. Esistono poi degli aghi lunghi, adatti all'innesco di una soluzione impiegata nella pasturazione chiamata stringer. E stringer needle è il nome di questi utili accessori. E' importante ricordare che le boilies vengono bloccate con un pezzetto di plastica detto boilie stop, spesso sostituibile con un filo d'erba o un pezzetto di elastico.

PVA - Ecco un altro degli accessori tipici del carpista: una bobina di filo idrosolubile. Il Poly Vinhil Alcool (PVA) è infatti un filamento di origine alcolica con la capacità di sciogliersi in acqua nell'arco di pochi secondi. I tempi di dissolvimento variano non poco in funzione della temperatura dell'acqua, per cui ci si deve attendere una certa lentezza durante le fredde giornate invernali. Il PVA ha molti usi, ma il primo e, forse, più importante è senza dubbio nel metodo di pasturazione stringer.

Piccoli accessori - La borsa di un pescatore deve sempre essere costantemente rifornita di ottime girelle, assolutamente indispensabili per la preparazione dei terminali. Meglio sempre affidarsi a buoni prodotti, come Mustad o Berkley, di misura intorno al n. 8/10. I moschettoni servono a collegare i piombi ai finali e, poiché devono sopportare la pressione dei lanci, dovranno essere robusti. Il corredo sarà completato da una serie di perline forate, dette beads, utili per mille scopi, e un tubetto di colla.

Carp sacks - La conservazione delle carpe più grosse, magari per attendere una luce più propizia ad una foto prima del rilascio, non dovrà per nessuna ragione essere effettuata con le normali reti a nassa, tanto care ai garisti., Il pesce potrebbe subire danni irrimediabili. A tal scopo è stata messa a punto una serie di sacchi che permettono al pesce di avere una certa libertà di movimento senza che la pinna dorsale resti incastrata in qualche maglia. Prima di porre il pesce dentro questo sacco (chiamato carp sack) lo si potrà pesare con un secondo sacco, sling, provvisto di appositi manici che agganciano la bilancia.

Materassino - Durante la guadinatura sarà importante poggiare la rete e il pesce su una superficie possibilmente morbida e assolutamente priva di asperità che possano ferire la preda. Si eviteranno così quelle orrende scene in cui il pesce, ancora allamato, salta nella polvere. Molto meglio poggiarlo su un pratico materassino di slamatura che, mantenuto bagnato con una secchiata d'acqua, sarà il luogo ideale per slamare il nostro avversario, rispettandolo ed evitandogli sofferenze inutili.

Ci sono molteplici variazioni sulle tecniche di base finora descritte, e ci sono tecniche che nulla hanno a che vedere con quelle di base - formano un settore di pesca a sé, con proprie leggi, una propria filosofia, una propria scuola.

La pesca a galla è una variante della passata: la lenza è lasciata andare sulla superficie dell'acqua con pochissima piombatura o anche senza alcuna zavorra. È una tecnica che va eseguita in corrente, quasi sempre con esche naturali, in modo da indurre il pesce a ritenere che la libellula, il grillo, la cavalletta sia appena caduta in acqua.
Si tratta di una pesca a vista, giacché è con l'occhio che si tiene sotto controllo la lenza e l'esca stessa. Questa tecnica esige esperienza, sapienza nel controllo di canne e lenza. Ma è divertente e vale la pena impararla... con buona volontà e pazienza anche negli errori.

Quando si va dietro alla trota per esempio al torrente, e l'acqua è troppo bassa per l'uso del galleggiante, si può ricorrere a una tecnica chiamata pesca al tocco. Sulla lenza si appongono alcuni segnali con dei fiocchetti di lana, opportunamente distanziati tra loro: servono a segnalarci, quando la lenza è in acqua, sia dove si trova la lenza stessa, sia a quale profondità sta lavorando. L'abboccata ci sarà segnalata dai lievi tocchi impressi dal pesce alla lenza. Niente affatto facile, è una tecnica da imparare con l'esperienza - il segreto sta tutto nel saper tentare la lenza sotto controllo e nel capire quale sia il tocco della trota e quale il tocco di un sasso o di qualche altro ostacolo.

Assai praticata nell'Italia settentrionale, ma non solo, è la pesca con la camoliera, in pratica un monofilo con attaccati degli artificiali più o meno fantasiosi che imitano appunto la camola. Si pesca radente il fondo, nei laghetti con sufficiente corrente, lasciando che la lenza vada liberamente e recuperando poi senza fretta. Conviene ricorrere a canne sui 3,5 m e a mulinelli usati per la pesca a spinning. Quanto alle camole, se ne trovano in commercio di belle e montate.
Il piombo sarà quello detto lungo (ricoperto in materiale plastico di solito verde), da attaccare in fondo alla lenza e quindi in coda alla camoliera.

Sui laghi, specie quelli estesi, è possibile insidiare lucci, cavedani di buona stazza con la tecnica della tirlindana (detta anche cavedanara o trotiera). E' una pesca alla traina che si effettua utilizzando il movimento di una imbarcazione: si lasciano calare in acqua diversi cucchiaini ondulanti, appositamente studiati e fabbricati per questo genere di pesca, i quali a profondità variabili richiameranno le prede con il loro sfarfallio. Si adopera un apposito e grosso mulinello che va applicato sul bordo della barca.

La tecnica del legering è nata alla fine degli anni Sessanta in Inghilterra dall'ingegnosa idea di alcuni pescatori che hanno utilizzato normali bigodini per capelli, riempiti di esche e zavorrati con la quantità di piombo necessaria a farli restare ben ancorati sul fondo. Con questo stratagemma quei pescatori si resero conto che era facile catturare molti pesci anche in posizioni del fiume molto profonde e solcate da corrente veloce. I pesci, infatti, attirati delle esche fuoriuscite dal bigodino, finivano per interessarsi immancabilmente a quelle infilate sull'amo con il risultato che si può facilmente immaginare. Era così nato il primo rudimentale pasturatore che ha subito con il trascorrere degli anni una costante evoluzione sia per quanto riguarda le forme sia per i materiali impiegati.
La tecnica del legering si è poi diffusa a macchia d'olio in tutti i Paesi europei, quasi seguendo di pari passo il continuo affinamento produttivo dei feeders (pasturatori) che sono alla base di questo metodo di pesca da molti ritenuto (a torto) poco raffinato. Infatti, forse perché un pasturatore non ha le forme e i colori attraenti di un galleggiante o perché a una prima occhiata pare uno stretto parente della sedentaria (e a volte noiosa) pesca a fondo, il legering è rifiutato da molti pescatori.
Un errore di valutazione dettato da un pregiudizio: questa tecnica non solo fa fare catture impensabili con altre specialità, ma permette allo stesso tempo di pescare divertendosi.

Il legering è una tecnica elementare: la presentazione dell'esca a qualsiasi distanza da riva e la rilevazione delle abboccate è così semplice nel legering, che basterà solo un po' di pazienza e la dovuta attenzione alle principali regole del gioco per ottenere subito risultati soddisfacenti, gli stessi che sarebbero molto più ardui da conseguire con altri sistemi di pesca. Un elemento basilare nel legering è imparare a lanciare nella direzione voluta, dosando la potenza per raggiungere la distanza necessaria, ma ancor più importante sarà riuscire a ottenere la ripetizione dei lanci successivi nella stessa area. Non è altrettanto decisiva, invece, la scelta del luogo in cui pescare. Mentre alla passata, sia con la canna fissa sia con la bolognese, la scelta della posizione o del tratto di fiume è spesso determinante per una proficua battuta di pesca e richiede una buona conoscenza dei luoghi, la pratica ha dimostrato che non c'è punto di un corso d'acqua in cui non sia praticabile il legering. Unico requisito è possedere il noto "senso dell'acqua" per "leggere" l'acqua e capire dove e come pescarci.

Perché praticarlo?

Vi sono molte risposte possibili a questa domanda, ma una in particolare risulta la più convincente. Quasi tutti i pesci d'acqua dolce si alimentano cercando sul fondo il nutrimento. Un sistema di pesca che permetta di presentare l'esca ben appoggiata al fondale dà quindi maggiori garanzie di buone catture. Naturalmente una simile presentazione dell'esca non è possibile solo con il legering, ma è innegabile che spesso le condizioni atmosferiche avverse (soprattutto il vento) o la presenza di una forte corrente costituiscono un ostacolo al tentativo dei pescatore di offrire un'esca statica nel punto esatto in cui è avvenuta la pasturazione e, di conseguenza, si è lanciata la lenza. Se a tutto ciò si aggiungono le notevoli difficoltà che si incontrano con i tradizionali sistemi nella pesca a grande distanza da riva, ecco che il legering diventa l'asso nella manica nel bagaglio tecnico dei pescatore che sa sfruttarne adeguatamente i vantaggi. L'errore più comune che si può commettere ricorrendo a questo metodo è di praticarlo considerandolo una tecnica d'attesa. Pescare a legering come se si stesse pescando secondo i canoni dei carp fishing o della tradizionale pesca a fondo dimezza, se non annulla del tutto, le probabilità di ottenere buoni risultati.

Il moderno carp-fishing è stato creato negli anni Settanta da una geniale intuizione di un gentiluomo britannico, Lennie Middleton, il quale, forte della collaborazione di alcuni dei più grossi esperti di pesca inglesi, attraverso una serie di esperimenti mise a punto una soluzione d'innesco con la quale era possibile ingannare le carpe in modo impressionante. In precedenza, tutti i pescatori nascondono l'amo all'interno dell'esca, convinti così di renderlo invisibile al pesce. La carpa è però un pesce astuto, capace di individuare con facilità le minacce presenti nel cibo che le si offre. Il pesce, infatti, possiede la capacità di individuare qualsiasi differenza di peso nei bocconi. La carpa si alimenta aspirando con forza l'esca, l'eventuale presenza di un amo all'interno di un chicco di grano o di pastura verrebbe subito individuata a causa della minore naturalezza con cui questo si muove rispetto al cibo "libero". Attraverso una serie di esperimenti condotti su carpe tenute in cattività, Middleton si rese conto che se l'esca fosse stata tenuta separata dall'amo si sarebbero raggiunti alcuni importanti obiettivi: grande naturalezza nei movimenti dell'esca, libertà totale dell'amo di ferrare e conseguente aumento delle abboccate. Per poter raggiungere questo scopo l'esca doveva essere mantenuta a distanza dall'amo attraverso un filamento morbido. La leggenda vuole che un capello (in inglese hair) del figlio di Middleton, annodato sull'amo e collegato all'esca, provocò una tale reazione positiva da parte delle carpe che subito si comprese la validità della scoperta. Era così nato l'hair rig.

Hair rig

A distanza di diversi anni l'hair rig costituisce ancora la base su cui poggia il carp-fishing e dalla quale è partita un'evoluzione tecnica che non ha pari nel mondo della pesca in acque interne. Tutti gli hair rigs nati in seguito si allacciano comunque al modello originario. La validità del concetto di base, l'esca staccata dall'amo, è infatti un fondamento irrinunciabile ai fini del successo nel carp-fishing. L’assenza dell'amo fa dell'esca un boccone esattamente identico a quello lanciato sul fondale sotto forma di pasturazione. Ciò facilita l'avvicinamento del pesce che non individua alcun pericolo in esso. E’ chiaro che per essere efficace l'hair rig dovrà essere tale da poter posizionare l'esca a una distanza che non comprometta la funzionalità dell'amo. Tale distanza, partendo dalla curvatura dell'amo e giungendo fino all'esca, varierà da pochi millimetri fino a oltre 2 cm. E’ evidente allora la violenta reazione del pesce che, scoprendosi ingannato, si darà a una fuga violenta. L’amo sarà a quel punto già quasi completamente penetrato nelle labbra del pesce, il peso del piombo faciliterà l'ulteriore penetrazione che sarà completata dalla ferrata.

Vari tipi di Hair rigs

Esistono diversi tipi di hair rigs, sviluppati partendo dal modello originario di Middleton, tutt'ora ancora usato e chiamato hair rig di base. Si ottiene annodando un pezzo di nylon o di dacron sulla curvatura dell'amo. L’efficacia del modello di base è comunque ridotta rispetto alle successive soluzioni per cui non se ne consiglia l'impiego. Si punti piuttosto sulle evoluzioni di questo modello di cui qui di seguito ne vengono illustrati alcuni.

Hair rig P.K. - Dopo aver annodato il dacron all'occhiello dell'amo, si farà passare lo spezzone rimasto all'interno dell'occhiello verso l'esterno. Con un piccolo cappio sull'estremità si completerà questo semplice hair rig.

Hair rig scorrevole - Dopo aver agito come nel caso precedente, si inserirà un tubetto di PVC o silicone del diametro di 1 mm all'interno del quale si farà scorrere l'hair rig. Si disporrà quindi di un sistema scorrevole e adattabile alle diverse dimensioni delle boilies.

Hair rig tube - In questo tipo di hair rig, l'occhiello dell'amo è ricoperto da un tubetto di silicone. Ciò favorirà la corretta posizione dell'amo nel momento in cui si impiegheranno delle boilies di tipo galleggiante dette pop-up. La posizione del tubetto in PVC negli hair rigs descritti assume grande importanza ai fini di un più alto numero di ferrate. Pur non esistendo una legge vera e propria, l'esperienza suggerisce una posizione compresa tra la punta e l'ardiglione dell'amo.

Hair rig knot - Una soluzione semplice e facile consiste nel preparare l'hair rig come nel caso del modello P.K,, effettuando poi un piccolo nodo dello spezzone attorno al gambo dell'amo per bloccarlo in un punto stabilito.

I terminali

Se l'hair rig è l'appendice finale della lenza, molta importanza riveste anche la preparazione del terminale che accompagna l'esca sul fondo. Serve una soluzione che permetta di lanciare anche a grande distanza senza che il morbido dacron si aggrovigli lungo la lenza madre rendendo inutile ogni sforzo. Si dovrà ricorrere a piccoli trucchi che non facciano perdere del tempo prezioso sprecato nel recuperare, magari dopo due o tre ore di paziente attesa, un finale completamente aggrovigliato.

Rig tube – Il primo passo da compiere per salvaguardare l'integrità del finale è quello di ridurre al massimo la distanza che separa l'hair rig dalla girella di collegamento con la lenza madre. Tale distanza può essere contenuta in 20/25 cm. Altrettanto importante è coprire la girella con un tubetto di PVC lungo 3/5 cm e incastrato nella parte rotante della girella stessa. Durante il lancio questo spezzone di tubo manterrà l'esca lontana dalla lenza madre diminuendo i rischi di groviglio.

Anti-tangle rig – Il limite dei terminale semplici sta certamente nella possibilità di groviglio. Ciò accade perché la lenza madre permette al finale di arrotolarsi intorno ad essa. Se la lenza madre viene coperta per circa 50 cm con un tubetto di plastica o PVC si eviteranno i grovigli e si avrà la certezza che il finale con esca sia perfettamente adagiato sul fondale.
I tubetti potranno essere di diametro compreso tra gli 0,7 e i 15 mm e su di essi verrà agganciato il piombo. I tubetti possono essere di materiale rigido o morbido. I tubetti di tipo morbido saranno da preferirsi per lanci a media distanza. Nel caso si preferisse pescare a grande distanza è meglio ricorrere a tubetti di tipo rigido. In ogni caso, il tubetto di PVC dovrà essere più lungo del finale di almeno 5 cm per impedire che l'hair rig o la boilie vengano a contatto con il nylon della lenza madre.

Helicopter rig – L’elicottero, così chiamato perché il finale è libero di ruotare intorno all'asse come le pale di un'elica, rappresenta una soluzione molto efficace e sicura che trova molti sostenitori tra gli appassionati. Anch'esso è di facile realizzazione nelle versioni con tubetto morbido o rigido.

Le ragioni di un successo

La pesca alla carpa in Italia è radicata nelle tradizioni di diverse regioni: Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia sono alcune delle zone in cui è nato e si è sviluppato un vero e proprio culto di cui questo ciprinide è protagonista assoluto. Se da un punto di vista culinario la carpa non offre molte soddisfazioni (anche se, ovviamente, non tutti la pensano così), da un punto di vista puramente sportivo essa si rivela uno degli avversari più intelligenti, combattivi e generosi tra tutti quelli che abitano le acque interne. Nessun altro pesce d'acqua dolce è infatti paragonabile alla carpa, né per dimensioni, né per capacità di mettere in difficoltà anche le attrezzature più potenti e raffinate. Da sempre però, la carpa è considerata un pesce di livello inferiore, probabilmente a causa del modesto valore culinario delle sue carni. Per questa ragione in Italia la tecnica di pesca a questo ciprinide è sempre stata considerata "povera", effettuata con attrezzature spesso casuali e mai specifiche. Il moderno carp-fishing, comunque, non rinnega le esperienze raccolte dalla tradizione, anzi se ne serve per dare vita ad uno stile di pesca creativo, innovativo e intelligente che riporta, finalmente, la carpa al rango di pesce per sportivi. Ma le ragioni del successo del carp-ftshing sono anche da individuare nel diverso comportamento che il pescatore ha verso l'ambiente che lo circonda.

Il carp-angler (così si chiama l'appassionato di carp-fishing) è diventato un difensore del fiume e del lago e contribuisce in modo fattivo affinché l'ambiente in cui vive la sua preda resti incontaminato. Sono finiti i tempi delle esche "sporche" e dei quintali di bigattini lasciati sulle sponde a trasformarsi in mosche. Il carp-fishing propone un'immagine rilassata e distesa della pesca, lontana dalle asprezze dell'agonismo e pronta a trovare aspetti positivi anche nelle giornate in cui il pesce sembra sparito.
E in quest'ottica si inserisce una delle basi di questa affascinante tecnica: il catch and release, ovvero il rilascio, sempre e comunque, della preda catturata. La potenzialità di catture del carp-fishing è tale da poter realmente infliggere danni mortali a un bacino anche di dimensioni medie, poiché permette quantità di catture veramente cospicue soprattutto in acque ancora "vergini" come quelle nostrane. Il piacere di restituire la libertà alla preda e il ricordo, molto più duraturo, di una bella foto sono il premio e il traguardo cui ogni carpista aspira.

Il laghetto-cava è una "invenzione" piuttosto recente: nasce, infatti, nel secondo dopoguerra, quando le fosse scavate dalle cave di ghiaia utilizzata per la ricostruzione vennero lasciate colme delle loro acque sorgive.
In quelle acque furono immessi poi dei pesci, trote in particolare. L’azione della natura fece quindi il suo corso: le rive di questi invasi artificiali si ricoprirono di vegetazione e molti persero l'aspetto di "fosso" che avevano in origine. Oggi sono molti i laghetti di questo tipo in cui migliaia di pescatori dilettanti trovano la possibilità, dietro pagamento di una modesta somma, di esercitare la propria passione.

Su specchi d'acqua artificiali e naturali

Senza dubbio, la pesca alla trota ha un'ampia diffusione nei sempre più numerosi laghetti-cava, ma anche piccoli laghi naturali nei quali si può praticare con successo la pesca a striscio. La trota, preda principale della pesca a striscio, può trovarsi a qualunque profondità, a seconda soprattutto della stagione. Ne consegue perciò che diverse dovranno essere le tecniche da adottare e ciascuna di loro richiede appropriate attrezzature. Questa è una cosa che ben sanno i garisti, i quali si circondano di numerosi attrezzi tra cui scegliere quello giusto.
Pesca a striscio
Secondo gli agonisti, per pescare le trote in cava non c'è altra possibilità se non lo striscio. I neofiti e i dilettanti ricorrono invece anche a metodi più tradizionali come la canna fissa con galleggiantino, la canna da lancio con grossi galleggianti scorrevoli e la pesca a fondo con finale a bandiera. C'è poi anche chi si dedica allo spinning oppure alla pesca a mosca. Ma nulla è tanto consigliabile, nulla è tanto adatto per catturare la trota che vive nelle acque dei laghetti-cava quanto la pesca a striscio. Lo striscio è uno dei sistemi più sportivi e gratificanti. In un certo senso può essere paragonato, per emozioni e dinamismo, alla pesca in torrente poiché, sin dalla prima tocca, pone a diretto contatto con l'eventuale cattura. E’ anche molto simile alla tecnica dello spinning, pur sostituendo le esche artificiali metalliche con quelle naturali che devono stimolare il pesce roteando proprio come se fossero cucchiaini. Pescare a striscio significa trasmettere all’esca un movimento continuo, facendole compiere tutte le evoluzioni che simulano i comportamenti istintivi di una preda che, aggredita, tenti la fuga. Si deve anche sapere imitare le difficoltà motorie di un pesce ferito che alterna movimenti confusi a soste improvvise. Molte sono le imprecisioni diffuse a proposito di questa interessante tecnica di pesca. Per esempio, molti credono che lo striscio sia un semplice alternarsi di lanci e recuperi della lenza.

Ciò non è assolutamente vero: nello striscio tra il lancio e il recupero c'è l'importante fase in cui si deve mirare a eccitare l'istinto aggressivo della trota facendo muovere e ruotare l'esca. Un buon pescatore a striscio è quello, dunque, che non si limita a lanciare e recuperare, ma che ha molta fantasia e, soprattutto, è in grado di concentrarsi a fondo per sapere sempre cosa sta facendo. Sono tanti anche coloro che considerano lo striscio come un metodo di pesca fatto esclusivamente in aderenza al fondo. Anche questo è falso, poiché si pesca a striscio in superficie, a mezz'acqua e sul fondo. La trota deve essere cercata in tutta l'estensione di uno specchio d'acqua perché il suo istinto, a seconda dei momenti, la può portare negli immediati sottosponda o la fa sostare in zone site a distanze impossibili da raggiungere.

La canna fissa si pone come l’antesignano delle attrezzature per la pesca sportiva. Nacque dall’esigenza che aveva il pescatore di poter "manovrare" l'esca opportunamente e nel punto voluto . Nel vasto panorama che oggi ci offre il mercato, troviamo un’ampia gamma di scelta in termini di misure e materiali. Il materiale senz’altro più valido sotto un profilo tecnico rimane il carbonio che nella trama si trova spesso commisto ad altri materiali quali
kewlar,litio etc. La principale caratteristica del carbonio rimane la leggerezza, molto apprezzata nelle lunghe misure, oltre ad una rigidità che favorisce la prontezza di risposta sull’abboccata. La gamma delle canne fisse parte da una misura minima di 50cm sino ad un massimo di 12mt.

La suddivisione che viene fatta nelle due successive categorie è relazionato al tipo di pesce che si intende pescare: della prima fanno parte le canne dedicate alla pesca della minutaglia ( da 0.5mt a 5mt ) della seconda invece quelle per i pesci di taglia ( da 6 a 12mt ). In linea di massima per entrambe le categorie vige la regola di non usarle con monofili oltre lo 0.12/0.14 max, in ragione della maggiore possibilità di inganno che si ha con l'uso di diametri sottili. Purtroppo quando si insidiano pesci piuttosto consistenti in termini di peso, bisogna mettere in conto anche eventuali rotture; Questo inconveniente ha quindi dato luogo alla nascita delle canne con " microanelli ", canne fisse a tutti gli effetti, a cui sono stati aggiunti però dei piccoli anelli ed un recuperatore, che rendono assai più agevole l'insidiosa opera del recupero della preda. Non possiamo esimerci dal ricordare infine, l'alta qualità costruttiva raggiunta dai fabbricanti nazionali con i loro prodotti che si collocano a pieno titolo, al top del panorama commerciale internazionale.

Le lenze

L'argomento lenze di fatto ci catapulta in quello che amo definire il magico mondo dei segreti. Come ogni sport che intenda definirsi tale anche la pesca, per poter essere validamente esercitata, ha bisogno di un considerevole bagaglio di esperienza e di tecnica. Il tempo dedicato alla acquisizione "dei fondamentali", e la innata gelosia che ci caratterizza, motivati come siamo dall'orgoglio di dimostrare sempre e comunque la nostra superiorità sugli altri, è tale e tanta da mostrarci non troppo disponibili di fronte alla solita domanda del neofita di turno, meravigliato dinanzi alle nostre catture! Non intendo con questa mia affermazione creare false aspettative illudendo il lettore di poter trovare in queste righe tutte le soluzioni ai suoi problemi, ma molto più semplicemente fornire quei pochi e utili suggerimenti dettati dall'esperienza di tanti anni trascorsi sulle rive di fiumi e laghi. Vale la pena prima di entrare nel vivo del discorso, dare un'occhiata allo schema qui in basso , che ci illustra numerazione e peso dei piombi. Lo scopo, è quello di agevolare l'interpretazione della grammatura del galleggiante in relazione ai nostri specifici bisogni:

Nr. 1 > 0.290 gr
Nr. 2 > 0.210 gr
Nr. 3 > 0.200 gr
Nr. 4 > 0.170 gr
Nr. 5 > 0.130 gr
Nr. 6 > 0.110 gr
Nr. 7 > 0.080 gr
Nr. 8 > 0.060 gr
Nr. 9 > 0.045 gr
Nr. 10 > 0.040 gr
Nr. 11 > 0.035 gr
Nr. 12 > 0.022 gr

Esistono fondamentalmente due diversi tipi di lenze da usare in abbinamento ad una canna fissa, quelle con torpille ( piombo a goccia di diverse misure ) e quelle a pallini. Si differenziano a causa della diversa discesa verso il fondo che compiono una volta entrate in acqua. Le lenze con torpilla hanno una struttura tale per cui il peso totale del piombo è costituito per un 70% da questo particolare piombo, e per il 30% da una catenella di piombini di diverse misure ( modificabile all'occorrenza ) . La forma idrodinamica ed il maggior peso favorirà una rapida discesa della torpilla che sola quando avrà raggiunto il fondo, consentirà al resto della lenza di operare il movimento di ricerca vero e proprio ( fig5 ). Si presta assai efficacemente per la pesca a fondo e a mezzofondo, avendo l'accortezza di variare spesso la distribuzione dei piombi quando si è in presenza di pesci molto diffidenti. La lenza a pallini è molto più elementare da realizzare, ricordando però di ricorrere sempre alla scalatura del piombo. Nella fase di calata ha riposto tutto il suo elemento attrattivo che rimane invariato anche quando ha raggiunto il fondo e continua ad essere abilmente manovrata dal pescatore. Molto adatta per la delicatezza dei movimenti ai pesci di superficie e mezzofondo.

Come d'altronde fa intuire lo stesso nome, la pesca all'inglese è una tecnica nata in Gran Bretagna come soluzione ad almeno tre problemi di natura ambientale tipici di quel paese. Primo problema: l'Inghilterra è ricchissima di fiumi, laghi e canali artificiali che hanno in comune una scarsa profondità; 3 m sono considerati già una misura eccezionale, mentre in Italia è normale affrontare corsi d'acqua con fondali di 5 o 6 m oppure bacini con 10 e più metri d'acqua. Secondo problema: chiunque peschi normalmente con canna, mulinello e galleggiante sa benissimo che il vento è uno dei nemici più difficili da affrontare: genera strani moti nell'acqua, devia la traiettoria di lancio, impedisce una corretta azione di pesca. Ebbene, in Gran Bretagna il vento è un vero e proprio flagello naturale e la sua azione è ancor più evidente su acque poco profonde, per giunta quasi mai protette da rilievi montuosi. Terzo problema: se alle scarse profondità e al vento costante si aggiunge il fatto che la pioggia fa compagnia agli Inglesi per oltre 300 giorni l'anno, è chiaro che il quadro generale non è certamente idilliaco e invitante per un pescatore, almeno secondo la nostra mentalità. Per gli Inglesi, invece, tutto ciò è assolutamente normale e chi ha conosciuto dei pescatori britannici può testimoniare della loro resistenza fisica, certamente sostenuta da una passione di intensità particolare, non comune fra noi. La necessità di superare tutti questi ostacoli naturali ha spinto gli sportivi britannici a ricercare soluzioni che al loro apparire in Italia sono sembrate talmente rivoluzionarie da richiedere alcuni anni prima di essere assimilate dai nostri pescatori. Il primo elemento tipico dell'attrezzatura inglese è certamente il galleggiante, che, essendo fissato alla lenza solo con la sua estremità inferiore, consente di pescare con il filo completamente sommerso, eludendo la spinta del vento che altrimenti provocherebbe la ben nota "pancia" in superficie.
La piombatura della lenza può essere concentrata in prossimità del galleggiante, con il vantaggio di conservare una notevole sensibilità indipendentemente dalla portata del galleggiante stesso. La canna è provvista di anelli di piccolo diametro, legati al fusto a distanze ravvicinate: ciò è di grande aiuto in condizioni di elevata umidità o di pioggia, in quanto impedisce al filo di aderire alla canna e creare un attrito che ridurrebbe notevolmente le distanze raggiungibili con il lancio. Questi sono i fattori principali, la chiave del successo della pesca all'inglese, le novità che hanno scosso le nostre certezze e messo in discussione le nostre esperienze, maturate in oltre trent'anni di tranquillo esercizio della pesca con la bolognese. Affrontando tutti i temi inerenti all'attrezzatura e alla tecnica scopriremo anche altri particolari di minore importanza, ma soprattutto ci dovremo confrontare con la mentalità dei pescatori inglesi e il loro grande rispetto per la natura.

La storia

Analogamente a quanto è accaduto per altre tecniche di pesca, anche quella all'inglese è stata esportata dalla terra d'origine tramite un veicolo molto efficace: l'agonismo. E' noto, infatti, che i pescatori che partecipano a gare di pesca sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, qualcosa in più che possa permettere loro di superare gli avversari. Questa incessante corsa al meglio è stata il vero motore dell'incredibile progresso che la tecnica e le attrezzature da pesca hanno vissuto negli ultimi due decenni. Nel circuito agonistico internazionale gli Inglesi hanno vinto due titoli individuali che hanno coinciso con le prime efficaci apparizioni della tecnica inglese nell'Europa continentale: nel 1963, in Lussemburgo, con Billy Lane (e in alcune zone d'Italia il galleggiante inglese viene ancora chiamato billy con chiaro riferimento al campione del mondo) e nel 1975, in Polonia, con Jan Heaps. Furono però due episodi che non ebbero grande risonanza in Italia per diverse ragioni: i nostri agonisti erano abituati a catturare centinaia di alborelle con canne cortissime, la stampa specializzata non dedicava grande spazio a queste manifestazioni e, parallelamente, non esisteva quell'attenzione al nuovo, quella apertura mentale che invece oggi stimola l'intero ambiente.
Nei primi anni Ottanta si verificarono quasi contemporaneamente alcuni fatti che generarono un improvviso interesse verso la pesca all'inglese. Una drastica rarefazione delle alborelle nei più importanti campi di gara fu certamente il problema che aprì gli occhi degli agonisti più impegnati, spingendoli sempre più a considerare la pesca del pesce di taglia, e di conseguenza l'uso di canne con il mulinello, come via obbligata per il conseguimento di una vittoria. Inoltre, in quel periodo si svolsero in Italia tre manifestazioni sportive di rilevanza mondiale che ebbero uno straordinario seguito di pubblico e nelle quali i pescatori britannici mostrarono tutta l'efficacia del loro metodo e la superiorità della loro scuola. Nel 1982, a Firenze, l'Arno ospitò il campionato del mondo per club, vinto dagli inglesi dell'Essex County che schieravano il famoso Bob Nudd, vincitore in seguito di 2 titoli mondiali individuali. A Parma, l'anno successivo, replica dello stesso spettacolo nel Laghetto del Parco Ducale; attori eccezionali gli inglesi del Barnsley Daiwa, che potevano vantare la presenza in squadra del giovane talento Tom Pickering (campione del mondo 1989) e il vero e proprio mito Ivan Marks, noto in Inghilterra come the Master, ovvero "il maestro". Ma fu il campionato del mondo 1985, tenutosi a Firenze sull'Arno, la miccia che fece esplodere in Italia il fenomeno "pesca all'inglese" in tutta la sua potenza. Migliaia di spettatori, provenienti da tutto il paese, poterono assistere alla vittoria della Nazionale inglese e di David Roper nella gara individuale e l'impressione generale fu quella di avere vissuto "in diretta" una giornata storica, punto di partenza di una nuova epoca. Nello stesso anno si tenne proprio a Firenze la prima edizione dell'Aipo Show, fiera nazionale delle attrezzature per la pesca sportiva, che ebbe un grande successo di pubblico. Senza dubbio le maggiori attenzioni furono rivolte alla pesca all'inglese, che simultaneamente aveva conquistato spazi importanti su tutte le riviste specializzate. Ecco quindi sintetizzate le radici della pesca all'inglese in Italia: da un fenomeno di élite, strettamente agonistico, a un movimento di massa stimolato positivamente sia dalle aziende commerciali, sia dalla stampa e dalla televisione (Fish Eye, il seguitissimo programma di Italia 1, riservò particolare attenzione a questa tecnica emergente, con servizi anche dall'Inghilterra, e contribuì in notevole misura alla sua diffusione). Oggi la pesca all'inglese è conosciuta e praticata in tutta la penisola da migliaia di appassionati; la tecnica originale è stata in qualche caso adattata a specifiche esigenze locali, ma i fondamenti sono rimasti invariati. Questo il quadro per quanto riguarda passato e presente. Ma per il futuro? Non è ovviamente semplice formulare previsioni sulla sua evoluzione, ma una cosa è certa: progressi e cambiamenti si verificheranno senz'altro, perché nella pesca, come in tutti gli altri sport, non esistono situazioni statiche ma esiste un dinamismo inarrestabile. Non dimentichiamo che ora il fenomeno è di portata europea, avendo investito non solo l'Italia ma anche Francia, Spagna, Germania, Olanda, Belgio, Danimarca, Svezia, Svizzera e i paesi dell'Europa orientale; ci sono pertanto oltre dieci milioni di pescatori che contemporaneamente studiano il modo per migliorare i propri risultati sportivi ed è per questo che ci si può attendere da un giorno all'altro che qualcosa di nuovo esca da una di queste esperienze individuali, qualcosa che sarà in grado di stupirci nuovamente.

Il successo

La principale motivazione del successo della pesca all'inglese in Italia è senza dubbio l'efficacia con cui è possibile affrontare le nostre acque e i nostri pesci. I pescatori italiani sono riusciti addirittura ad allargare il campo di utilizzo alle acque marine, in quanto il moto ondoso del Mediterraneo consente l'impiego del galleggiante. A proposito degli ambienti in cui la pesca all'inglese può essere praticata, è necessario distinguere le acque ferme dalle acque correnti. Nelle acque ferme, o molto lente, gli inglesi usano il classico galleggiante applicato alla lenza per la sua estremità inferiore, che viene chiamato waggler, ossia "ballerina", proprio per il fatto che penzola dalla lenza quando non è in assetto di pesca. Nelle acque correnti, invece, non sarebbe possibile usare un waggler perché questo galleggiante affonderebbe al minimo accenno di trattenuta. In questo caso gli inglesi montano un galleggiante fissato alla lenza in due punti, detto stick proprio perché il filo aderisce al suo corpo (to stick significa aderire). E evidente che lo stick è molto simile ai nostri galleggianti da bolognese, tecnica in cui noi italiani non abbiamo veramente nulla da imparare dagli inglesi. Lo stick viene utilizzato con una canna di 4 m di lunghezza, che non consente un perfetto controllo della passata a distanza, perché la lenza è forzatamente appoggiata all'acqua. La lunga canna bolognese, invece, ci permette di guidare il galleggiante tenendo tutto il filo fuori dall'acqua, essendo oltretutto più precisi e pronti nella ferrata. Per queste ragioni anche gli inglesi ora usano le lunghe bolognesi telescopiche, avendo riconosciuto la netta superiorità della tecnica italiana per eccellenza. Di conseguenza, è ovvio che concentreremo ora la nostra attenzione sulla waggler fishing, regina delle acque ferme o mosse da una debole corrente. Il panorama delle acque idonee alla pratica della pesca all'inglese è ampio, comprendendo tutti i laghi, le dighe, i canali, alcuni tratti di fiumi e il mare; si può pertanto affermare che non esiste zona d'Italia in cui non sia possibile divertirsi con questa interessante tecnica di pesca.

La pesca a mosca, considerata la più affascinante tra le tecniche di pesca, consiste nell'offrire al pesce esche artificiali, dette mosche, che imitano gli insetti presenti negli ambienti di pesca.
Questo genere di pesca può essere a galla - quando si lascia che la mosca galleggi sulla superficie dell'acqua (pesca a mosca secca), e sotto la superficie dell'acqua (pesca a mosca sommersa). Rispondono a questo tipo di pesca tutti i pesci che "bollano" e "moscheggiano" - cioè che salgono alla superficie alla ricerca di insetti e che quando mangiano provocano sullo specchio d'acqua dei cerchi che spesso scorgiamo nei tramonti sul fiume (appunto le "bollate" del pesce in caccia).
Parliamo di trote, temoli, cavedani, persici trota. La pesca con la mosca richiede una tecnica a parte e un'attrezzatura tutta particolare.
Il territorio italiano presenta la più ampia varietà di ambienti e situazioni. La configurazione idrologica ne ricalca l'estrema complessità, passando dagli impervi torrenti alpini, ai lenti e possenti fiumi padani; dai freschi e mutevoli corsi appenninici dell'Italia centrale a quelli meridionali e insulari dal caratteristico doppio aspetto: carichi d'acqua nei mesi più piovosi, riarsi in quelli più caldi. A seconda del tipo di acque, la pesca a mosca si discosta in misura maggiore o minore dalla tecnica classica e mentre nei corsi più ampi, profondi e lenti la bassa velocità dell'acqua impone lanci lunghi e delicati, nei torrenti alpini e nei piccoli rigagnoli appenninici l'estrema mutevolezza delle correnti necessita un attento studio delle condizioni ambientali prima di eseguire il lancio. Dunque è importante per il pescatore saper eseguire tutti quei lanci che gli permettano di affrontare al meglio ogni situazione.

Viene definita così la pesca che impiega le esche artificiali descritte nel capitolo che abbiamo dedicato appunto alle esche. Anche le canne sono già state trattate, mentre per quanto riguarda i mulinelli si preferiranno leggeri o medi (sui 300-400 g) a seconda del tipo di filo e di esca utilizzati.
La pesca a spinning consiste essenzialmente nel lanciare l'esca e nel recuperarla in modo che con i suoi movimenti e sfavillii richiami il pesce predatore il quale, scambiandola per un pesciolino o per una qualche leccornia offertagli dalla natura, abboccherà. Ovviamente ci sono alcune considerazioni da tenere presente.
L'artificiale, entrando in acqua, non deve fare troppo rumore e quindi occorre lanciare tranquillamente, con criterio. Né poi si tratta di recuperare semplicemente girando la manovella del mulinello - dobbiamo "animare" l'esca, sul fondo o in superficie a seconda dei casi. La prima regola consiste dunque nel recuperare a velocità variabile: qualche giro rapido della manovella, un istante di sosta, qualche giro più lento, poi di nuovo rapido, e via dicendo.
Non esistono sequenze o metodologie fisse - ognuno imprime all'azione un suo ritmo personale, che deve però avere la caratteristica della variabilità. Se peschiamo il luccio, un ottimo metodo consiste - durante l'azione di recupero - nel sollevare ogni tanto la canna di colpo, fermarsi e riprendere il recupero per poi ripetere il tutto. Molte esperienze ci dicono che il predatore non abbocca solo perché ha fame, ma perché lo infastidisce la presenza di un corpo estraneo: dobbiamo allora fare di tutto perché si accorga di questa presenza.

Una indicazione va data a proposito del peso delle esche, che va associato al tipo di canna. Abbiamo infatti avuto modo di vedere che ci sono canne ad azione lenta, veloce ecc.

Un criterio da seguire può essere il seguente:

- esche da 1 a 10 g: lancio leggerissimo
- esche da 10 a 20 g: lancio leggero
- esche da 20 a 40 g: lancio medio
- esche da 40 a 100 g: lancio pesante

Sceglieremo dunque le canne più o meno in funzione delle esche - più o meno, perché una volta ancora sarà l'esperienza che subentrerà fornendoci le risposte per noi più sicure.

Si tratta come sappiamo di una tecnica per insidiare pesci che abitualmente si cibano sui fondali - anguille, carpe, tinche, pesci gatto, bottatrici ecc. E' un genere di pesca da farsi in acque lente e ferme, nei laghi e nelle lanche, nei canaloni. Vediamo sovente pescatori seduti sul loro seggiolino, lungo gli argini, intenti a badare a un vero e proprio schieramento di canne tutte proiettate sul fiume - dipende dalle normative del luogo, giacché certe località di pesca limitano il numero di canne da impiegare. Informarsi presso i negozi specializzati della zona.
La pesca a fondo può essere praticata ovunque, anche se vengono preferite le zone di fiume con acque lente o ferme, i laghi o le lanche. Si possono insidiare con questa tecnica praticamente tutti i pesci d'acqua dolce, a eccezione dei predatori quali lucci e pesci trota. Le prede più ambite dagli specialisti di questa tecnica sono l'anguilla, la bottatrice, il pesce gatto, la tinca e la carpa.
Delle canne e di altre attrezzature per questo genere di pesca abbiamo già detto. Sottolineiamo il ruolo del mulinello, che deve poter ospitare una buona scorta di filo robusto. Determinante la frizione, che deve poter essere regolata con attenzione giacché le prede saranno spesso voluminose e tenaci.
Troviamo in vendita montature già complete di ami o ancorette, piombi e filo adeguato. Comunque, teniamo presente che nella pesca a fondo in acqua corrente il piombo va messo alla fine della lenza; e sarà a forma di saponetta, bloccato nella parte inferiore da una girella.
In acqua lenta o ferma è preferibile invece utilizzare un piombo (olivetta) scorrevole, attraverso il quale il filo scivoli via liberamente: questo fa sì che il pesce quando abbocca non percepisca la resistenza del filo.
Se sappiamo che il fondo è ricco di ostacoli, possiamo ricorrere a una montatura particolare: fisseremo l'amo prima del piombo, a una trentina di centimetri. Il piombo si posa sul fondo e l'amo, che sta più in alto, evita di impigliarsi.
Importante nella pesca a fondo, come abbiamo già avuto modo di capire trattando di esche, è la pasturazione, che andrebbe addirittura effettuata giorni prima.
Vediamo l'azione di pesca vera e propria. Eseguito il lancio l'esca verrà trascinata sul fondo dal piombo, e noi metteremo il filo in leggera tensione. Fatto questo non ci resta che posizionare la canna sul reggicanna in modo che stia il più possibile parallela all'acqua.
Quindi, tutti i sensi all'erta, attendiamo l'abboccata. Distrarsi, magari correndo dietro ai propri pensieri, no è difficile; ecco allora che vengono utilizzati dei segnalatori più o meno sofisticati: il classico campanellino - che rimane validissimo - è spesso sostituito da rivelatori acustici e luminosi nei quali il filo della lenza scorre liberamente, segnalando però mediante ronzii e luminosità ogni più lieve trazione e dunque anche l'abboccata tanto attesa.