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Il pescatore deve potersi integrare bene nell'ambiente di pesca: la sua presenza deve essere avvertita il meno possibile dal pesce e dunque nell'abbigliamento vanno evitati i colori sgargianti, che possono riflettersi nell'acqua disturbando. Deve potersi muovere, deve sopportare il freddo d'inverno o il sole battente d'estate.
Il vestiario del pescatore sarà dunque comodo e funzionale. Bene i calzoni di tela oppure pesanti (a seconda delle stagioni), meglio se forniti di ampie tasche applicate che possano chiudersi con bottoni a pressione. I negozi di pesca offrono un ampio campionario, ma non è certamente il caso di spendere soldi per un paio di pantaloni speciali: andrà bene un qualsiasi paio comodo e che possa essere sporcato.

L'indumento forse più caratteristico del pescatore è il gilè, caratteristico per il gran numero di tasche, taschini e tasconi. Va scelto sempre leggero, non deve scendere più in giù della cintola (perché ad essa potremo attaccare attrezzi quali la scatola portalarve o il guadino o altro ancora), è necessario che sia dotato di un'ampia tasca posteriore nella quale ficcare una mantellina impermeabile e altri capi utili quali il berretto di tela o di maglia e seconda delle stagioni ecc

D'inverno è bene dotarsi di guanti: ce ne sono in commercio di appositi, che permettono
alle dita di scoprirsi quando devono lavorare intorno alla montatura o al pesce.
Utilissimi gli occhiali antiriflesso: impediranno al sole di ferirci agli occhi, e ci consentiranno di vedere bene i pesci sotto la superficie dell'acqua.

Particolare importanza va attribuita alle calzature. Il pescatore adopera il più possibile stivali di gomma se frequenta le rive e gli argini scivolosi, fangosi e se deve mettere piedi e gambe in acqua. Gli stivali sono accessori fondamentali, ed equivalgono agli scarponi dell'alpinista: meglio spendere meno in accessori non proprio utilissimi, e acquistare stivali di qualità.
Lo stivale deve proteggere dall'acqua ma deve essere comodo, antiscivolo e non affaticare il piede.
Meglio dunque indirizzarsi verso le marche di prestigio anche se più costose: i nostri stivali dureranno di più, noi ci stancheremo meno e nel tempo finiremo con il risparmiare: vale il detto, "Chi più spende meglio spende".
Ci sono stivali che arrivano al ginocchio, altri alla coscia, all'inguine; altri ancora alla cintola e si indossano come pantaloni: dipende appunto dal genere di pesca e di ambiente.

Pescando con la canna si impiegano sempre due monofili di nailon con diametro tra loro diverso. Se si utilizza la canna fissa, ci sarà la lenza madre (lunga quanto la canna e di diametro più consistente) e il finale, assai più fine, il cui diametro andrà scelto in base al pesce che si desidera pescare, alle condizioni dell'acqua ecc.
Se invece si adopera la canna con mulinello, la lenza madre (di maggior diametro) sarà quella avvolta nella bobina, e il più sottile finale sarà a questa collegato preferibilmente mediante una girellina.

Dicevamo che i diametri vanno scelti in funzione dei pesci e delle situazioni. Per i finali, si adoperano monofili di nailon dallo 0,15 allo 0,08 per la passata, e dallo 0,15 allo 0,30 per la pesca a fondo. Certi pesci richiederanno diametri ancora maggiore, quando non addirittura finali di acciaio come nel caso del luccio.
Il mercato si è abbastanza uniformato quanto a qualità dei monofili di nailon. Semmai, occorre puntare su produzioni di qualità per i monofili più sottili, cioè dallo 0,12 in giù. La serietà e il prestigio della marca garantiranno che non si tratti per fili spacciati, per esempio, per 0,08 mentre sono invece di diametro superiore.
Uno 0,08 di qualità deve poter sopportare pesi intorno a 400 g effettivi, cosa che tutte le ditte produttrici dichiarano ma che solo le più prestigiose mantengono.
Il fornitore di articoli per la pesca saprà aiutarvi con competenza a destreggiarvi tra le numerose marche in commercio: sa che è dandovi un buon consiglio che potrà assicurarsi un cliente fedele.
Cercate sempre di rivolgervi a negozi di articoli per la pesca sportiva che sono in attività da tempo e che dunque hanno una buona esperienza specifica, e un prestigio da difendere.

Requisiti di un buon nailon - oltre alla capacità di tenuta e al diametro costante in tutta la bobina - sono elasticità e morbidezza. Ci sono dei monofili peraltro di qualità che hanno caratteristiche di rigidità e dunque facili a sfibrarsi e a perdere la loro capacità di resistenza, specie in corrispondenza ai nodi.

Come e da cosa è composto un finale da pesca?

Da un filo di nailon della lunghezza di 1-1,50 m, di un paio di misure più sottile della lenza madre o del filo avvolto in bobina. Si lega questo filo a un anello d'una girellina, mentre la lenza madre verrà legata all'altro anello. La girellina sarà per l'appunto il più piccola possibile, per non influire sul peso complessivo della lenza.
In fondo al finale ci sarà l'amo che avremo selezionato, e da 30 a 50 cm sopra l'amo, inizierà la serie di piombini a scalare.
Il peso deve essere ben distribuito lungo il finale, e quello maggiore sarà sempre verso l'alto, cioè verso il galleggiante che è invece collocato sulla lenza madre.

Praticamente tutti i generi di pesca sportiva con la canna hanno bisogno di una zavorra, e quasi dovunque si adoperano a questo scopo piombi e piombini.
Quelli più comunemente impiegati sono i piombi sferici spaccati, cioè con un taglio nel quale si inserisce il filo della lenza: poi vengono serrati e dunque fermati sulla lenza stessa.
Quanto a misure vanno dal n. 0 (i più grossi) al n. 13 (i più piccoli), e vengono prevalentemente distribuiti sulla lenza sia per calibrare l'azione del galleggiante regolando la porzione di asta visibile sul filo dell'acqua, sia per far calare in acqua l'esca nel modo più idoneo. Montando i piombini spaccati sul filo occorre fare attenzione che questo si inserisca bene nella scanalatura; poi vanno fissati esercitando una lieve pressione sulle due metà, evitando di premere eccessivamente con pinze e simili, altrimenti il filo si rompe subito o comunque si spezza al primo strattone del pesce.
Se diviene necessario spostarli lungo la lenza per una migliore distribuzione, conviene "allargare" con l'unghia la spaccatura, effettuate lo spostamento e quindi stringete nuovamente.

Ci sono poi i piombini detti styl, a forma di cilindretti: meno versatili, vengono impiegati soprattutto per montature ultraleggere, per esempio nella pesca all'alborella. Trovano largo impiego anche da parte dei garisti. Hanno misure che vanno dal 12 (i più piccoli) al 20.

Le torpille sono piombi a forma di goccia, scorrevoli. Vanno dalla misura piccola di 0,25 g a quella più grande di 18 g. Anche questo tipo di piombi è usato prevalentemente nelle competizioni e consente all'esca di scendere velocemente sul fondale evitando la minutaglia che stazione in superficie o a mezz'acqua. Adatti anche nelle correnti molto forti.

A mano a mano che i piombi acquistano peso (per esempio per la pesca a fondo) ne troviamo di tutti i tipi e di tutte le forme: a piramide, a oliva, a saponetta, a siluro, a moneta, esagonali, con pesi fino a diversi etti.
Comunque, il pescatore sportivo alle prime armi farà bene ad affinare la tecnica della piombatura utilizzando e facendo pratica con i piombini spaccati a sfera per la passata, e con piombi più pesanti a oliva (scorrevoli) o a saponetta per la pesca a fondo.

Il pescatore sportivo deve fare esperienza con gli ami - deve imparare a riconoscerli, a chiamarli per nome, a capirne le potenzialità che variano con la forma, la misura, il colore del metallo.

Gli ami possono essere a corpo unico, oppure formati da più elementi, ed è il caso dell'ancoretta. Vediamo anzi tutto come è fatto un amo - c'è il gambo con all'estremità una paletta o un occhiello, la curvatura (rotonda o quadrata), e la punta, munita di una sorta di aletta detta ardiglione.
La misura degli ami corrisponde a una numerazione che va dal più grande (n. 1) al più piccolo (n. 26).
È inutile e dispersivo impegolarsi, specie quando iniziamo la nostra esperienza di pesca, nelle varie tipologie di ami disponibili sul mercato.
Hanno certamente tutti una loro funzione, ma con il tempo e soprattutto imparando ad ascoltare che ha più esperienza di noi, apprenderemo a riconoscere le caratteristiche di impiego. Ci sono regole semplici a cui è bene attenersi subito.

Vediamole:

-Nella pesca alla passata, preferite ami a gambo lungo, misure dal 14 al 22. Se stiamo pensando a un bel cestino di minutaglia (alborelle, triotti ecc.) e sappiamo che le prede sono a mezz'acqua, ricorreremo ad ami dal 22 al 24 a gambo corto; se invece le insidiamo a profondità maggiori, il nostro amo sarà a gambo lungo, sempre delle stesse misure.
I finali (vedi paragrafo sulle lenze) saranno dello 0,08-0,10: conviene senz'altro acquistare gli ami già montati sui finali. Se andiamo dietro a pesci di taglia medio-grande, useremo a seconda dei casi, ami dal 14 al 18, legati a finalini dello 0,12.

-Ci sono anche i cosiddetti ami forgiati: sono a sezione quadrangolare e quindi molto robusti, e li impiegheremo pescando con l'esca prossima o radente il fondale: anche se si impigliano, non si "apriranno" come può succedere agli ami a struttura sottile o fine, indispensabili d'altronde per certe esche vive (certe larve, certi insetti quali i grilli) che devono muoversi il più liberamente possibile anche se infilzati.

-Se peschiamo a fondo, sceglieremo ami robusti, di grandezza adatta al pesce che intendiamo insidiare e quindi in funzione dell'esca. Se utilizziamo lombrichi e larve, o per esempio interiora di pollo, adopereremo ami forgiati a gambo lungo. Se usiamo impasti tipo polenta, preferiremo le ancorette a tre punte.

La curvatura dell'amo

La parte centrale dell'amo, cioè la curvatura, serve a mantenere ferrato il pesce subito dopo che ha abboccato. Può assumere forme diverse, studiate non solo in base al tipo di esca che desideriamo utilizzare, ma anche in funzione del tipo di bocca e di presa della specie che vogliamo pescare. Può quindi essere rotonda, cioè perfettamente semicircolare, oppure oblunga o, ancora, tendenzialmente quadrata, quindi più allargata rispetto alle altre.
Vale la pena di ricordare che al di là della forma conta la qualità del materiale utilizzato: l'acciaio temperato permette di reggere a pesi e combattività spesso notevoli.

Nella pesca alla passata il galleggiante risponde a due funzioni: sostenere la lenza nel suo passaggio lungo la corrente, facendola arrivare alla profondità desiderata; e indicare toccate e abboccate dei pesci.
Il galleggiante ottimale opporrà, grazie alla sua particolare forma, la minor resistenza possibile ai tocchi del pesce, così che la potenziale preda "senta" il meno possibile piombo e lenza. Sembrano semplici, ma in realtà i galleggianti hanno una forma che deriva da lunghe esperienze e da studi specifici. Anche il materiale di cui sono fatti è determinante: nei bei tempi andati erano sempre e soltanto di sughero - ma oggi ne troviamo soprattutto di balsa, un legno leggerissimo che necessita di cura e attenzione, essendo assai fragile.
Ci sono anche galleggianti fabbricati con materie sintetiche quali plastiche e resine, di ottimo rendimento. Classica tra i galleggianti - e amatissima dai pescatori - è la penna, vuoi d'istrice, vuoi di oca o di pavone.
Si trovano ormai in commercio galleggianti di ogni forma e colore, e talora pare quasi che vogliano soddisfare più l'estro o la voglia di collezionismo, che non le esigenze del pesca-sportivo. Consigliamo vivamente l'iniziando, e non solo, a fare esperienza partendo dai tipi più classici e di sicuro rendimento.

Classico è il galleggiante a pera. Va bene in acque molto agitate e mosse, per esempio nei torrenti, o per certe pesche a fondo in acque ferme con piombature pesanti.

La penna d'istrice può essere considerata il galleggiante universale per eccellenza, grazie alla sua forma idrodinamica. Può rivelarsi troppo pesante in certe situazioni, ma esistono galleggianti in tutto e per tutto analoghi alla penna d'istrice fatti però in balsa: ideali per la pesca alla passata.

Un altro tipo di galleggiante da tenere sottomano è il roubasienne: ha forma cilindrica con una sottile antenna metallica, la sola che deve fuoriuscire dall'acqua. Segnala il più piccolo movimento della lenza ed è dunque ideale per la pesca ai piccoli pesci oppure quando i pesci anche di maggior mole si comportano in modo particolarmente sospettoso.

Quale scegliere

Vediamo comunque alcuni criteri di base nella scelta dei galleggianti. Come abbiamo indicato, i galleggianti disponibili sul mercato sono miriadi. Facciamo pure esperienza provando questi o quelli, ma cerchiamo di rispettare i criteri di base. Preferire sempre quelli cilindrici, che oppongano minore resistenza all'acqua. Mai superare i diametri di 3-4 millimetri. Ideali quelli in balsa con antenna segnalatrice metallica. Meglio i galleggianti dotati di anellini passafilo per rendere più agevole passare - in funzione della situazione di pesca - all'eventuale altro galleggiante di medesima forma ma di maggiore o minore volume. L' antennio avrà sempre un colore ben distinguibile a seconda del colore dell'acqua.
Esiste anche il galleggiante piombato, che nella parte inferiore ha un'asta avvolta con filo di piombo oppure che presenta la parte terminale di piombo.
È un galleggiante che permette - nei laghi e soprattutto d'inverno - di insidiare cavedani e anche lucci con lanci particolarmente lunghi.
Un galleggiante di basilare importanza è lo scorrevole. Si adopera con la bolognese in acque molto profonde. Essendo per l'appunto scorrevole, non impedisce la discesa in acqua della lenza: a bloccarla sarà un nodo - meglio quello di filo di lana - che avremo predisposto sul monofilo in bobina all'altezza voluta. Così, l'esca potrà scendere verso i fondali anche di diversi metri.

L' impiego corretto del galleggiante dipende in gran parte dalla corretta piombatura della lenza. È necessario disporre sulla lenza esattamente il quantitativo di piombo che consenta al galleggiante di svolgere la sua funzione: una sferetta un più o in meno può compromettere tutto l'assetto di pesca. Infatti il galleggiante funziona come antenna per percepire ciò che avviene sott'acqua: la sua sensibilità è indispensabile perché il pescatore sappia riconoscere se il pesce sta indagando, se sta ispezionando l'esca, se mangiucchia, se abbocca. Come ogni buon strumento, il galleggiante va dunque adoperato affinché il suo rendimento possa essere ottimale. Anche qui, è l'esperienza che ci sarà maestra: nel frattempo, mettiamo in pratica le indicazioni di base, le quali ci dicono per prima cosa che meno il galleggiante affiora dall'acqua, più svolge la sua funzione. Poi l'occhio si farà col tempo e impareremo a riconoscere nel galleggiante oscillazioni quasi impercettibili che ci racconteranno gli avvenimenti nella corrente e sui fondali.

Possono essere suddivisi in:

-mulinelli a bobina fissa
-mulinelli a bobina rotante

Il mulinello a bobina fissa è adattato sia alla bolognese sia alla canna da spinning. Quello a bobina rotante limitiamolo alla pesca con la mosca.

Consigliamo a chi sta iniziandosi all'arte della pesca, con l'intenzione di maturare una buona esperienza, di munirsi di mulinello a bobina fissa. La tecnica ha ormai raggiunto livelli egregi, e il mercato offre diverse soluzioni: i migliori sono di produzione italiana, giapponese, svedese, francese e tedesca.
Il mulinello per la passata sarà leggero, non più di 200-300 grammi. Il rapporto ideale di recuperò sarà di 1 a 4, pari a circa 75 cm per ogni giro della manovella. Si intende per "rapporto di recupero" il numero dei giri che l'archetto di avvolgimento compie per ciascun giro di manovella. I mulinelli di peso medio vengono impiegati per pesche pesanti, per esempio per quella a fondo. Hanno un peso intorno a 400 g, e rapporti di recupero di 1 a 3, quindi più potenti.
Quasi tutti i buoni mulinelli offerti dal mercato sono datati di due bobine, sulle quali possono essere predisposti nailon di diametro diverso, da usare a seconda delle differenti occasioni di pesca.

Determinante nella scelta del mulinello è la frizione. Occorre poter dosare con molta gradualità la tensione sulla bobina così che il nailon possa uscire rispondendo all'azione del pesce senza spezzarsi. Molti mulinelli sono datati di un congegno di gradazione progressiva proprio per consentire al meglio l'uso della frizione. Le istruzioni allegate a ogni mulinello spiegheranno chiaramente l'uso di tali congegni.

Una componente importante del mulinello è l'archetto: serve a riavvolgere in spirali ben ordinate il monofilo nella bobina. Quando alziamo l'archetto, il filo si svolge liberamente; l'archetto poi si chiude al primo giro che impartiamo alla manovella.

Ad archetto abbassato, il filo in bobina può svolgersi solo se sottoposto a una forza di trazione superiore a quella che avremo predisposto regolando la frizione. Esistono anche mulinelli privi di archetto, cioè a bobina coperta: il filo passa attraverso un foro nel carter della bobina - questo dispositivo protegge la bobina stessa e, cosa importante, evita le "parrucche", cioè gli ingarbugliamenti del filo.

I mulinelli sono poi dotati di una levetta antiritorno, che impedisce alla manovella di girare in senso contrario. Consigliamo di tenere questo dispositivo sempre inserito, eviteremo così che sul più bello del recupero il pesce "prenda" filo e scappi.

Le canne da passata più usate - e ci riferiamo sempre a canne fisse o bolognesi in fibra di carbonio - hanno una lunghezza che può variare da 5 a 9 metri. Una canna da 5 metri, in cinque pezzi, pesa circa 100 grammi, con un diametro alla base di circa 20 millimetri; una canna da 6 metri, in sei pezzi, 140 grammi e 22 millimetri di sezione; una canna da 7 metri, in sette pezzi, 220 grammi 25 millimetri; una canna da 8 metri, in otto pezzi, 290 grammi e 27 millimetri; una canna da nove metri, in nove pezzi, pesa 400 grammi con un diametro di base di 29 millimetri. Anche se esistono modelli lunghi solo 4,50 metri, le misure più comunemente usate per le canne bolognesi vanno dai cinque metri fino massimo di otto, ma queste ultime sono da usarsi soltanto in presenza di alti fondali. A livello agonistico queste misure vengono esasperate: si possono vedere a volte garisti che maneggiano agevolmente canne lunghe anche 12 metri, le quali, grazie ai lanci lunghi che permettono, rendendo possibile la pesca anche nelle zone del fiume più lontane dalla riva dalla quale si opera.

Le canne al carbonio sono robuste e studiate per resistere a forti sollecitazioni, ma non infrangibili. Specialmente negli ultimi tre pezzi, che sono i più sottili, si possono verificare delle rotture, sia per un lancio maldestro e violento, sia per aver maneggiato quella parte della canna in maniera sbagliata. Se la rottura non è in senso verticale, bisogna tentare di salvare la giornata di pesca senza tornare a casa per effettuare la riparazione. C'è modo di riparare il danno sul posto, sia che si tratti di una canna fissa o di una bolognese, anche se in questo caso la presenza degli a anelli rende l'operazione un tantino più complessa. Per la canna fissa, si sfila dalla base, togliendo il tappo, il pezzo rotto: poi si inserisce il troncone spezzato più lungo e sottile nel troncone spezzato di maggiore diametro e si infila di nuovo il tutto al suo posto nella canna. Funzionerà perfettamente, anche se la canna risulterà in questo modo più corto di una quindicina di centimetri. Per la bolognese bisogna rimuovere temporaneamente gli anelli, e poi inserire il pezzo rotto a minor sezione dentro quello più grande, che grazia alla sua conicità aderirà perfettamente, come nella canna fissa. Naturalmente, finita la giornata di pesca, bisognerà comunque sostituire il pezzo danneggiato con uno nuovo.

Le canne da passata, sia quelle fisse sia quelle bolognesi, si possono distinguere in due categorie secondo i loro tipi di azione, cioè di risposta alle sollecitazioni: azione morbida o parabolica, in cui la canna lavora in tutta la sua lunghezza, esclusa l'impugnatura, e l'azione rigida, in cui canna svolge la sua funzione di ammortizzare le sollecitazioni del pesce e del lancio soltanto nei segmenti terminali, di punta. Il maggior pregio della canna ad azione morbida è la sua possibilità di lanciare pesi piccoli a distanze accettabili. Risponde inoltre ottimamente alle sollecitazioni di un pesce allamato, anche se di grandi dimensioni. La sua sensibilità e quindi accentuata. Un difetto, invece, è notevole ritardo rispetto le canne più rigide nella ferrata, per cui, se non si reagisce con un buon anticipo alla boccata, è facile perdere il pesce appena catturato. La canna ad azione rigida è caratterizzata da un'estrema rapidità di reazione - si dice infatti che le canne rigide sono "nervose" - che consente una ferrata più immediata e precisa. Per contro non si presta particolarmente, perché manca appunto di elasticità, a stancare un'eventuale grossa preda è, proprio perché rigida, può creare qualche difficoltà durante il lancio, fase in cui è fondamentale l'elasticità.

Un procedimento usato per produrre canne al carbonio è attualmente quello che si basa sull'impiego di fibre unidirezionali disposti a fasce parallele e sovrapposte le una alle altre. Ne consegue che gli strati possono essere orientati in qualsiasi direzione, e questo consente di sommare strati resistenti a trazione e compressione ad altre resistenti allo schiacciamento e alla torsione. In questo modo si ottengono doti di maggiore compattezza e uniformità del materiale che ingloba le fibre in una matrice usando solo un quantitativo minimo di resina. Con questo procedimento, gli strati di carbonio ad alto modulo, disposti in senso longitudinale, vengono sommati agli strati di fibre trasversali, che possono essere in kevlar o sempre in carbonio. In questo modo si ha la resa massima, data dalle caratteristiche delle diverse fasce incrociate. I materiali composti trovano un impiego in molti altri campi, dalla vela alla formula uno all'industria aerospaziale.