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Con questo nome francese viene indicata la larva di un insetto, appartenente all'ordine dei ditteri: il Chironomus Tentas.
Tale insetto depone le uova in filamenti gelatinosi e più femmine possono deporre nel solito luogo. Le larve sono di colore rosso o verdastro e sono appunto quelle che ci interessano per la pesca.
Dopo lo stadio di larva c'è quello di pupa, che si costruisce un abitacolo di seta ed altri materiali estranei; questi abitacoli possono essere fissi oppure mobili. I filamenti cui abbiamo fatto riferimento, costituisco i non meno famosi fouillis, cioè i grovigli di larve appena nate, usate per la composizione di pasture.
Di solito le larve si trovano negli stagni e nei laghetti, ma si trovano anche in canali e fiumi a lento corso.
Non certo in tutti però, e chi conosce i luoghi esatti si guarda bene dall'andare a raccontarlo! Assai più semplice dunque acquistarli in negozio.
Il ver de vase attira soprattutto pesci di piccole e medie dimensioni, come alborelle, triotti, lasche e scardole, che ne sono ghiottissimi.
Il suo colore rosso sanguigno è notevolmente attirante, e per tale motivo, viene impiegato nelle gare, in cui la cattura della minutaglia è molto importante.
Si pensi che il potere di attrazione di un bigattino, rispetto ad un ver de vase, è stato giudicato inferiore di circa dieci volte!
Teniamo comunque a ribadire che l'applicazione del ver de vase a tipi di pesca che non siano le gare non è consigliabile, sia per l'elevato costo dell'esca, sia per le quasi esclusive piccole catture.

Si trovano in commercio già confezionate e preparate per una lunga conservazione.
Hanno il brutto difetto di costar care, ma una confezione è sufficiente per più battute di pesca ed inoltre costituiscono per la trota un'esca a volte insostituibile!
Il momento proficuo per l'uso delle uova di salmone si ha in febbraio-marzo, cioè all'apertura della pesca al salmonide, e nel periodo immediatamente successivo.
Vanno bene in torrente e in lago, preferibilmente, per quanto riguarda il secondo, allo sbocco degli immissari.
Nei laghi le impiegheremo su lenza da fondo, mentre nei torrenti, su classica lenza da trota. Se ne innescano tre insieme su un amo n. 8-9, fine e di colore chiaro.
Il loro uso non è consigliabile con torrenti in piena e acque torbide.

Come il lombrico, la sanguisuga o mignatta appartiene al sottotipo degli anellidi, se ne distingue, però, per il colore nerastro, per la forma appiattita e per avere le due estremità munite di ventosa.
Nel mezzo della ventosa anteriore s' apre la bocca triangolare, armata di tre mascelle finemente seghettate, le quali servono per ferire e provocare l'uscita del sangue, che, pompato dalla faringe, viene ingerito.
La mignatta vive nelle acque stagnanti o a lento deflusso, standosene attaccata sotto le pietre, oppure a vecchi pezzi di plastica gettati nel fiume.
Anzi nei corsi d'acqua in cui è risaputa la presenza di questi anellidi, coloro che li ricercano per venderli o per pescarci, usano disseminare le zone di acqua bassa proprio con ritagli di cellofan, ben bloccati con dei sassi, dai quali periodicamente prelevano le sanguisughe.
Quindi chi volesse procurarsi quest'esca, senza acquistarla nei negozi saprebbe come fare!
La sanguisuga è un'esca tipicamente estiva, e con essa ci si rivolge più che altro ai cavedani. Anche i barbi gradiscono la sanguisuga, e le meno frequenti catture di questi pesci dipendono esclusivamente dal fatto che si è soliti a pescare a mezz'acqua.
Per le piccole dimensioni della sanguisuga, occorre un amo n. 14, fine, brunito.

Col sangue si pesca in inverno, quando il pesce è alla ricerca di cibi sostanziosi, che gli permettano di passare egregiamente la stagione fredda.
Superfluo dire che è un'esca da cavedano.
Non tutto il sangue va bene per la pesca; quello di agnello per esempio, come quello degli altri ovini, è da scartare perché si lavora male.
Il sangue di maiale andrebbe bene, ma costa caro. Il più adatto dunque risulta quello di vitello, che ci procureremo, accordandoci con qualche macellaio. Il sangue, una volta depositato in un recipiente, si accaglia e si separa dal siero.
Per la pesca naturalmente ci occorrono i cagli. Affinché il sangue tenga l'amo, è necessario che la parte coagulata venga fatta scolare ed asciugare su una fittissima
rete di settaccio, finche non si ottiene una materia abbastanza consistente e gommosa.
I cagli che offriremo al cavedano avranno le dimensioni di un'unghia del pollice e risulteranno molto attrattivi perché in acqua si disgregheranno pian piano.
Il sangue è un'esca molto fragile, che richiede lanci delicati, per l'innesco useremo ami semplici, n. 10, fini, oppure minuscole ancorette.
Si pastura durante la pesca con palle di sabbia mischiata al siero avanzato o ad altro sangue liquido.
In certe località questa esca è vietata, per cui, prima di portarsela sul fiume, sarà bene informarsi!

Serve egregiamente nella pesca del black-bass e, in misura minore, in quella del luccio.
Sceglieremo rane non più lunghe di dieci (con le gambe distese), ed eseguiremo l'innesco, trapassando l'anfibio in punta di labbra, con un amo semplice n. 4-5.
La rana si usa su lenza libera, lanciando e recuperando lentamente ed a intervalli regolari.
L' abbocco si manifesta con una vigorosa bollata, se l'esca è a galla, o con il semplice tendersi del naylon, se l'esca è sommersa.
In entrambi i casi, prima di ferrare, si deve dare al pesce il tempo di inghiottire, altrimenti otterremo solo di strappargli la preda di bocca.
Esplorando zone notoriamente frequentate da lucci, occorrerà servirsi del finale d'acciaio.

Dire polenta e come dire carpa, poiché da decenni la pesca alla regina dei ciprinidi si pratica con questo impasto, che tanto piace anche agli uomini!
La polenta da carpa comunque, anche se l'ingrediente di base è la farina di mais contiene qualche additivo in più di quello che serve per nostro uso alimentare.
Ogni pescatore di carpe che si rispetti ha la sua ricetta segreta per preparare la polenta: c'è chi aggiunge il formaggio, chi il miele, chi del liquore dolce, chi il sangue...
Ed ognuno è certo che alla base del successo stia proprio quell'aggiunta in più. Effettivamente se una pasta ha più sapore di un'altra, il pesce sente la differenza, ma è cosa certa che il risultato positivo o meno dipende prima di tutto dalla pasturazione che avremo eseguito!
E per pasturare dovremo avvalerci della medesima polenta con cui poi pescheremo!
Per la carpa dovremo eseguire la cibatura almeno per tre giorni consecutivi; il quarto giorno si sta inattivi, ed il quinto si inizia a pescare. Affinché la polenta o pasta gialla regga l'amo, conviene aggiungerci della farina bianca, che getteremo per prima nella pentola d'acqua bollente, fino ad ottenere una vera e propria farinata, come quella che faceva la nonna, poi vi uniremo un po' alla volta la farina di mais.
Quando l'impasto è diventato abbastanza gommoso, lo si toglie dal fuoco e si fa raffreddare.
Nel frattempo si può condire la polenta con della vaniglia, e questo è davvero consigliabile o con ogni altro additivo che emani profumi gradevoli. In quanto all'innesco, copriremo un amo forgiato, storto, del numero 4-5 con pallottole di pasta grosse come ciliege.

Col vivo si insidiano i pesci predatori, quelle specie cioè che vivono a spese dei loro simili di più piccole dimensioni.
Non esiste un pesce esca standard, che vada bene per tutti i carnivori, poiché sappiamo bene che a questa categoria appartengono pesci delle più svariate proporzioni e di diverse pretese.
Ad un luccio per esempio non potremo offrire lo stesso pescetto con cui insidiamo il cavedano o il persico, ed è ancor più vero il caso contrario!
Vediamo dunque di associare logicamente predati e predatori.
Il predone per eccellenza, il luccio, predilige "vivi" da 12-15 centimetri, che abbiano una certa consistenza e possano occupare un posto di rilievo nel suo capiente stomaco!
Esche più piccole otterrebbero solo di farci allamare luccetti di misura irrisoria. Il pesce ideale per l' esocide è di solito la scardola, che frequenta il suo stesso ambiente, così come il triotto, ma avranno ottima resa pure i cavedanelli, i vaironi (nei fiumi) ed i barbi ( pescando col galleggiante).
Il persico trota, pur raggiungendo i tre o quattro chili di peso, è reperibile in
genere di taglia assai inferiore, per cui sono consigliabili esche che non superino i 10 centimetri.
In quanto alle specie da preferirsi, sono le solite indicate per il luccio.
Il persico reale predilige invece: il cobite, pesciolino facilmente catturabile con un retino nelle correntine dei fiumi del piano.
In mancanza di cobite però si può sempre orientarci verso l'alborella di 6-7 centimetri, che darà ugualmente buoni frutti.
Il cavedano, che non è carnivoro propriamente detto, ma che sa esserlo al momento opportuno, assale pesci- esca della stessa grandezza indicata per il persico reale, cioè 6 centimetri circa.
I migliori da usarsi sono: in estate il ghiozzo, il cobite e l'alborella;
in inverno il vairone. E nella stagione fredda si possono tranquillamente adoperare vaironi di quasi 10 centimetri, poiché i cavedani invernali sono in prevalenza di grossa mole.
Per anguille e bottatrici, va bene qualsiasi pescetto di 7-8 centimetri, purché si abbia l'accortezza di non innescare pesci di fondo che abbiano la brutta abitudine di infilarsi sotto qualche pietra.
La grossa trota di fiume è di gusti più raffinati, ed ha una spiccata preferenza per il vairone.
Alle trote dei laghetti alpini serviremo invece le sanguinerole.

Altra esca per la carpa, la patata non deve essere bollita troppo, altrimenti al momento del lancio si sfalda e non arriva a destinazione.
Per innescarla ci serviremo di un'ancoretta n. 9-10, che incorporeremo nel pezzetto di patata, con lo stesso sistema indicato per il formaggio groviera.

Pur essendo un'esca per tutte le stagioni, il pane viene correntemente adoperato nei mesi freddi.
Esclusi i carnivori, tutti gli altri pesci mangiano il fiocco di pane.
Si innescano pezzi di mollica, freschissima e cotta poco, grandi come una mora di rovo, facendoci passare delicatamente l'amo dentro e schiacciando poi con le dita il pane attorno alla paletta.
Il boccone anche senza l'intervento del pesce, si perde ad ogni passata, ed occorre perciò rinnescare continuamente. Ma è una fatica sopportabile, poiché col fiume ed il tempo in buone condizioni, le tirate non mancheranno!
L' amo per il pane è un n. 12-13, fine, a gambo lungo, di colore bianco.
Con questa esca basta pasturare all'arrivo sul fiume e durante l'azione di pesca, con palle di pane, fatto macerare in acqua, ridotto in poltiglia e ben strizzato.

Quando i bigattini non erano diffusi, il ruolo di esca regina apparteneva al lombrico, impiegato intero per i pesci grossi o a pezzetti per la minutaglia. Oggi il suo uso ha subito un calo notevole, ed anzi alla passata sono davvero pochi a servirsene.
Le due specie di vermi più adatti per la pesca sono il lombrico di fango e il lombrico di letame.
Il primo, più grosso e di color grigio-marrone è adatto alla pesca a fondo, in special modo anguille, ma anche per carpe e tinche; il secondo, di dimensioni ridotte e di colore rosso, si presta alla pesca alla passata per barbi e cavedani. Il momento migliore per la pesca col lombrico alla passata si ha con acque velate da recenti scrosci e magari aumentate leggermente
di livello. Altra situazione favorevole all'uso del lombrico: le foci di torrenti limpidi che immettono nel fiume torbido.
L' uso del grosso verme di fango, a fondo, è invece legato ad acque decisamente torbe.
Non dimentichiamo inoltre che il lombrico, preferibilmente di fango, rappresenta l'esca primordiale per le trote di torrente, che difficilmente lo rifiuteranno, qualunque sia il colore delle acque.
Il persico gradisce invece il rosso lombrico di letame che, essendo molto più mobile dell'altro, stimola maggiormente l'attenzione di questo predatore.
Se molto piccolo, il lombrico rosso conviene innescarlo in coppia, di cui uno starà sul gambo dell'amo, l'altro sulla curva.